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8 aprile 2009 3 08 /04 /aprile /2009 08:20

L’eterno ritorno del Pan-Pan al culo

 

pansaers-e-Ananga--1921.jpg

Clément Pansaers e suo figlio Ananga nel 1921.



È con grande soddisfazione che presento sul mio blog dedicato al fenomeno Dada, un saggio di critica letteraria su un'opera di cui presto proporrò una mia parziale traduzione: Le Pan-Pan au Cul di Nu Nègre [Il Pan-Pan in culo del nudo negro], provocatoria sino ai limiti del comprensibile, come piaceva al primo dadaismo che dai giochi linguistici era semplicemente ossessionato. L'autore è una figura marginale del movimento Dada, totalmente sconosciuta in italia, si tratta del belga Clément Pansaers, deceduto nel 1922, proprio nel momento di massima affermazione su scala internazionale del movimento d'avanguardia nato a Zurigo.

 

 


00booksleeve.jpg Volantino pubblicitario dell'uscita di Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre per le edizioni Aldes.

 

 

 

 

L’eterno ritorno del Pan-Pan al culo 

          



   Dzim Dzim Dzim

du soleil contre la lune

 le pet d'Agaga fait doumdoum

allo alla

vite faire un bon caca gros et gras


Clément Pansaers, Je Blennorrhagie. [*]

 

 

Il 13 novembre 1957, Raymond Queneau scriveva a André Blavier, che stava preparando alacremente il numero speciale di Temps Mélés dedicato a Clément Pansaers e Francis Picabia (n° 31-33, marzo 1958) che aveva appena riletto Le Pan Pan e Bar Nicanor, attirando l’attenzione del suo corrispondente di Vervier (Belgio) su “l'impiego degli a capo alla fine dei due testi” [1], osservazione perspicace! Questa locuzione italiana, che indica nel linguaggio musicale che il pezzo deve essere ripreso dall’inizio, è particolarmente significativa sotto la penna di Pansaers; nel caso di Pan-Pan (il solo che qui ci interessa [2]), è chiaro che il suo uso costituisce una vera chiave di lettura, nel senso che tradisce una preoccupazione di chiusura formale e semantica del testo, preoccupazione che risulta essa stessa nel principio più generale dell’iterazione [3].


Questa funzione retorica è in effetti onnipresente nella poesia in questione. Ne determina innanzitutto l’architettura. Il Pan-Pan si articola in due parti, Le Nu Nègres [Il Nudo Negro] e Pan-Pan, che sono rigorosamente simmetrici (ognuna è costituita esattamente di dieci pagine, ma che contraddicono l’ordine implicato dalla titolazione generale del libro: Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre [Il Pan-Pan al Culo del Nudo Negro]. C’è qui un chiasmo che si spiega facilmente se non si perde di vista che il sintagma “al Culo del” può significare anche “seguito da”: il Pan-Pan fa naturalmente “seguito” al Nu Nègre e l’inversione apparente tra la disposizione suggerita dal titolo e dalla disposizione delle due parti è così risolta. O piuttosto corretta perché non scompare per molto: il chiasmo sussiste, non è cancellato dalla lettura polisemica del sintagma “al culo del”, ma si curva nel senso di una struttura circolare che rafforza ulteriormente il da capo finale. La funzione di quest’ultimo è di rimettere in questione la nozione di fine e di rendere dinamico il processo di lettura istituendo un vasto movimento di ripresa indefinita. Se il Pan-Pan fa seguito al Nu Nègre, deve essere anche compreso come un appello, un invito ad una ripresa di questa prima parte; la parola fine non esiste più, poiché al termine dell’opera, è l’opera a ripetersi di nuovo (p. 30):

 

Pan-pan!

Fine-fine

Pan-Pan

Finale!

Pan-pan

o i u a

pan-pan

Da capo

Pan-pan – Pan-pan

Pan-pan

Fine!

 

Questa struttura chiusa, autotelica, non è tuttavia puramente formale; detto altrimenti, non è gratuita, poiché è sostenuta dal significato stesso dell’opera, che importa ora ripercorrere.


Copia-di-30.jpgLa pagina finale di cui sopra tratta dalla prima edizione di Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre

 

Per fare questo, dobbiamo partire dal titolo, il cui carattere polisemico ci è già apparso (“al culo del”). Facciamo notare subito che la densità delle ridondanze foniche [4] è elevato: questo gioco di allitterazioni fortemente ritmati è un modo di avviare la tematica della danza, che è al cuore stesso del testo intero. Il “pan-pan” è in effetti una danza [5]. Ma altri significati sono egualmente possibili, come propone Jean-Paul Bier, seguendo Marc Dachy [6]: il “pan-Pan”, è anche la “minaccia infantile della sculacciata, che si può associare sia al diminutivo vezzeggiativo di Pansaers […] ed alla reminiscenza onomatopeica dei colpi di pistola di cui citati nel testo, infine, all’espressione popolare del “calcio in culo” [7]. Significati improntati all’aggressività ai quali resta ancora da aggiungere una dimensione sessuale, che mi sembra ineludibile [8].


04-pan-pan.jpgIncisione di Pansaers per Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre.



La sessualità è in effetti presente senza alcuna ambiguità nella prima parte della poesia- Le Nu Nègre- che è il racconto, caotico certamente, di una generazione: “uscito dalla vasca da bagno, proiettato, a testa e croce, negli specchi, doppiamente duplicato- scaricare le brownings, le braccia tese- la volontà come guida […]” (p. 10), l’io “debitamente denudato” (p. 64) del poeta si offre allo spettacolo [9] abbandonandosi in una serie di acrobazie erotiche, punteggiate di fantasmi “il sudore è un profumo, l’umidità è uno sperma”; “Si compenetrano, su due file, gli uomini urtando le donne”, (p. 57), allo scopo di “Purgarsi dai sistemi, al regime della fantasia” (p. 58) e di dare nascita ad un nuovo essere composto di un “io” ermafrodita “Davanti al disaccordo interscambiare i termini: tutto si compie, effettivamente, senza perché equilibrato […]. Lo sposo sogno di essere la sposa: […]. E convinto, il suo sogno ubriaca la sua realtà”, (p. 64). E da un “tu”- bambino, la cui danza congiunta è la materia della seconda parte.

 

Insomma, il titolo dell’opera suggerisce molteplici suggestioni significative (danza, violenza, erotismo, infanzia- quest’ultima tematica essendo, in quanto ad essa, indirettamente presente attraverso l’espressione del “pan-pan al culo” nel senso di “sculacciata”) che si svolgono nello svolgimento del testo. Tuttavia, bisogna insistere sul fatto che questa polisemia costituisce ben più che un modo di “avvertimento al lettore” [10]. Il titolo è dotato di una funzione strutturante che intende istituire un ordine; si tratta di un vero indice di programmazione destinato ad orientare il senso stesso della lettura. La seconda parte, Pan-Pan, non si compie sulla sua esclamazione finale: FINE! (p.76); conformemente al titolo del libro, un ritorno all’incipit è dunque necessario se si vuole abbracciare l’ordine significante dell’opera, la cui “logica” si flette così secondo un disegno circolare continuamente ricominciato. E l’ingranaggio a senso inverso dei numeri primi (gli “indivisibili”: sette, cinque, tre, due, uno, zero) ai quali Pansaers procede- L’encefalo in poltiglia (p. 75), nelle ultime righe del testo, è anche un indice di chiusura (il testo entra nel nulla della fine, si cancella) e di partenza, di messa a fuoco, di ritorno su sé, come lo suggerisce la figura stessa dello zero:

 

Zero è sifilide

Bruciare uno 0 nella bandiera:

soffia il magnetismo delle cifre,

consunzione in cerchi concentrici

rasata cubica della tavola rotonda (p. 30)


 

Come abbiamo già detto, non abbiamo a che fare qui con una semplice affettazione, questa caratteristica strutturale sarebbe in effetti priva di qualsiasi interesse se non fosse raddoppiata da un tessuto semantico omologo. Ora, è evidente che il circolo non è unicamente formale: l’estinzione progressiva delle cifre è alla volta un eco ed un annuncio della prima pagina di Pan-Pan, in cui Pansaers, in una breve poesia liminare “L’evidenza separa l’esteriore dall’interiore”, (p. 55), invoca il desiderio del “io” di “ritornare al suo valore essenziale”, spogliandosi di quel pesante abito di certezze logiche alienanti, simboleggiate, nella testa del poeta, dalla “cifra [che] sostituisce l’“io” soppresso”; e la realizzazione del desiderio di essenzialità, di vera messa a nudo dell’essere ritorna a “bruciarsi il cervello, coscienziosamente” (ci si ricorda che il conto alla rovescia finale è danzato dall’“io”, L’encefalo in poltiglia). Come si può vedere, non c’è nemmeno soluzione di continuità, sul piano tematico, tra la fine e l’inizio dell’opera. I due limiti del testo si corrispondono in modo stretto e, potremmo dire, reciproco: da una parte, il finale è la realizzazione perfetta del desiderio inaugurale (spogliarsi della “cifra”, “bruciarsi le cervella”, cioè, in entrambi i casi, spodestare il discorso logico delle sue armi e facoltà); dall’altra, il poema di apertura si iscrive in linea con il finale, che è un appello- da capo obbliga- ad una vera rigenerazione del processo di purificazione che si conclude, ma sotto le forme questa volta della “generazione successiva” (p. 60):

 

[…] Marmocchio, buono mi sei: come a te buona è la caramella! Tonite!

-Dodici pallottole- Pan-pan-Panzone.-

[…] Marmocchio: balla dunque il Pan-pan, sulla fuzione degli indivisibili:

[…] (p.75).

 

Insomma, appare chiaramente che le differenti connessioni strutturali che saldano le parti terminali della poesia in un cerchio unico sono perfettamente solidali tra loro e, quindi, esenti di gratuità. Quindi, l’inversione delle due parti di Pan-pan giustifica la costruzione in da capo, la quale a sua volta è motivata dalla e richiama il motivo della rigenerazione, cioè il ritorno di quel nuovo essere originario che è il bambino. Un tale motivo è onnipresente nell’opera di Clément Pansaers, che è attraversata dalla figura di suo figlio Clément Claus (detto Ananga, [11]), nato il 28 luglio del 1917, dopo il Novénaire de l’Attente (poesia composta all’inizio del 1917) sino a Point d’Orgue programmatique pour jeune Orang-Outang (terminato il 20 marzo 1921):

 

[…] mangiare vecchia frittura mio figlio nato

malgrado noi nel 1916 ma

in oscillazione opposta da interferenza

come cavo e rilievo

[…] evidentemente

Resta in terra il figlio in

Metempsicosi [12].

 

Da qui un’emozione paterna ben comprensibile, Clément Pansaers sembra essere stato profondamente turbato dall’arrivo di questo doppio di se stesso (chiamato Clément anch’egli) con il quale ha il potente sentimento di non formare che un solo essere testimonia la nostra breve lettura di Pan-Pan.

Quindi, una tale fascinazione ha evidentemente una parte legata alle sue fantasie erotiche (così come si possono trarre dalla lettura). L’analità innegabile che li caratterizza e ciò in tutta l’opera di Pansaers, rivela effettivamente una forte componente regressiva, come lo lascia intendere d’altronde, lo stile volentieri infantile di Clément Pansaers quando dà liberamente corso al suo immaginario sessuale. questa analità si manifesta soprattutto secondo due assi tematici: l’escremento (onnipresente nei testi di Pansaers; cfr. l’epigrafe all’inizio) ed una certa ossessione del culo (strictu sensu), come mostra, tra altri, questo passaggio di Io Blenorregio:

 

     manifesto erogeno all’interno dell’abito da parata

     carezzante la femminilità all’intersezione delle guance

     posteriori per analogia sfumato prosciutto di

     maialata scoppio di risa in cerchio ondulato dalla

     colerina le luci spente piegano a colletto il

     sipario sullo sforzo si ferma in buco nero

     […]

                       cacca           cacca

                                 bèèè [13]

 




05-pan-pan.jpgFrontespizio della prima edizione di Le Pan Pan au Cul du Nu Nègre.



Se ora ci riferiamo alla biografia di Pansaers, constateremo che la nascita di suo figlio (1917) è- pressappoco di un anno- contemporanea alla sua “rinascita”, la quale avvenne “nel 1916 dopo sei mesi di meditazione su di un cieco muro bianco” [14]. Pansaers, lo sappiamo, ha insistito su questa “rinascita” che ha avanzato, dapprima, per “volontà di occultare tutto quel che precedette il periodo di Résurrection (Resurrezione) [15], in seguito, perché ha, indubbiamente, attraversato, nel cuore di questa epoca tragica, “una crisi di identità profonda […] [che] sfociò nel 1916 su una doppia scelta culturale: quello della lingua francese che padroneggiava male e quella dell’avanguardismo letterario come ideologia della tabula rasa” [16].


Questo commento non tiene conto, malgrado ciò, di un altro elemento importante: la coincidenza tra la nascita di Clément Claus e la “rinascita” di Pansaers. Ora, se c’è stato un evento sconvolgente, attraverso cui Pansaers si è sentito- per mezzo della scoperta, contemporanea anch’essa, del taoismo e delle mistiche orientali- completamente trasformato nel corso di questi anni oscuri, è proprio la venuta al mondo del piccolo Ananga! D’altra parte, non è nel 1916, bensì nel 1917, che Clément Pansaers diventa precettore dei figli di Carl Sternheim e che forma il progetto di Résurrection.


Detto in altri termini, la sola testimonianza che situa la sua crisi di identità nel 1916, è la sua, allorché tutto concorre a fare dell’anno 1917 un anno di sconvolgimenti decisivi. E se si tiene conto il lapsus, che in Punto d’Organo programmatico (cfr. l’estratto citato più su), fa risalire la nascita di suo figlio al 1916, è da questo momento permesso dubitare dell’affidabilità dei suoi dati cronologici e supporre un’eventuale falsificazione. Per quale interesse? Se falsificazione c’è, la risposta è semplice: Clément Pansaers non intendeva essere debitore nei confronti di nessuno se non a se stesso, della sua scoperta e della sua pratica avanguardistica. Insomma, avrebbe voluto accreditare l atesi di un fenomeno da “generazione spontanea” del dadaismo. “Sono solo, scriveva a Tristan Tzara il 20 dicembre 1919, sinora in Belgio- a difendere principi analoghi ai vostri- In Belgio non si è mai parlato né di me né del movimento in generale” [17]. La stessa cosa in Dada et Moi [Dada e Io]:

 

Dada ha voluto essere la parola d’ordine di un certo spirito, equivalente a quel che intendiamo con simbolismo, con cubismo.

In questo senso sono diventato dadaista verso il 1916, quando al parola Dada non era stata ancora trovata; […]. E quanti altri lo erano diventati, a loro insaputa e senza la minima influenza d’altri.

[…]

Il mio Pan-pan e molte altre opere apparse o che sarebbero apparse sono state scritte nel 1916, 1917, 1918, mentre ho saputo dell’esistenza di Dada nel 1919, quando ero da Carl Einstein a Berlino [18].


07-pan-pan.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 


19-pan-pan.jpgIn alto la prima sezione dell'opera intitolata Le Nu Nègre della prima edizione situata a pagina 7; Sotto, la seconda parte dell'opera intitolata Pan-Pan iniziante a pagina 19.


L’insistenza stessa con la quale Pansaers ritorna su queste affermazioni lascia supporre una volontà di mistificazione che, se fosse confermata, sfocerebbe sulla seguente alternativa: sia Pansaers aveva già avuto sentore, attraverso la mediazione di Carl Einstein, della burrasca dadaista prima del 1919; sia, effettivamente, che non ne prese conoscenza che durante il suo soggiorno a Berlino, nel gennaio del 1920 (e non nel 1919), con il fatto che non aveva o non avrebbe ancora composto testi dada prima di quest’epoca, contrariamente a quanto pretende in Dada e Io… Tenendo conto dei magri insegnamenti biografici di cui disponiamo, è permesso immaginare che Pansaers, all’indomani della rotta di Résurrection, mette un termine alla sua avventura espressionista nello stesso tempo in cui subisce l’influenza crescente di Einstein, con, come culmine, la scoperta del dadaismo berlinese e, come conseguenza, un’abbondante e rapida attività letteraria.


Sia quel che sia- e al di fuori di ogni questione di pura strategia-, è facile connettere questo desiderio di interferenza storica con la poetica dell’iterazione, di cui è funzione la sua concezione del soggetto, così come si manifesta in Il Pan-Pan au Cul du Nu Nègre. In effetti, sganciando il dadaismo da ogni spiegazione di tipo socio-storico, Pansaers lo trasforma in una raccolta di individui convergenti spontaneamente, per pura coincidenza, intorno ad uno stesso polo di attrazione, la nascita, la vita e la morte di Dada sono di conseguenza dei momenti profondamente solidali, tendenti a confondersi in un solo punto temporale. La potente negatività di cui è carica la “costellazioni” Dada sembra così, per essenza, contraddittoria con qualsiasi durata, cioè, in fin dei conti, con ogni istituzionalizzazione [19]. In somma, Dada non può avere altro oggetto che se stesso, la sua propria pratica della sovversione:

 

Tutte le proclamazioni dada, i manifesti, le manifestazioni, tornano a designare un solo centro, il centro di ogni attività: l’io.

[…]

Ciò che colpisce, nella produzione poetica dadaista, per quanto disparata e incoerente che appaia, è il posto preminente accordata all’io, all’essere stesso del poeta […].

[…]

Paradossalmente, Dada che sembrava aver gettato la soggettività fuoribordo ci riporta con forza all’egotismo. Culto dell’io ben conosciuto dall’estetica romantica del tutto differente per il fatto che questo io è totalmente destrutturato [20].

 

Infatti, non è più la soggettività in quanto tale che rovina il dadaismo, ma ben più la funzione logica dal soggetto all’oggetto, che sottintende il discorso letterario tradizionale, l’io, liberato da una tale “soggezione”, si dà nella sua integralità immediata, passata e presente, cosciente ed inconscia, in un movimento di espansione all’infinito, al ritmo di un’aggressione perpetrata contro ogni codice.


E si comprende che questo potente desiderio di totalità abbia potuto produrre un’opera così caratteristica come il Pan-Pan au Cul du Nu Nègre, in cui tutto concorre, dal dispositivo iterativo sino alla tematica dell’eterna rigenerazione, passando per l’ossessione anale [21], a fare “Nudo, l’io- di ambiente libero- […] turbinare sulla schiuma- dei miti multipli della verità” [22].

 



Rossano ROSI

Università di Liegi

 


[Traduzione e ricerca iconografica di Elisa Cardellini]


Severini--La-danza-del-PAN-PAN-al-MonicoL'opera di Gino Severini citata dall'autore del presente saggio alla nota 5, allo scopo di illustrare i vari significati del termine pan-pan. In questo caso si tratta del celebre ballo in voga agli inizi del XX secolo di cui l'artista ci dà una rappresentazione suggestiva anche se non ancora compiutamente in stile futurista.



NOTE


*

Dzim Dzim Dzim

del sole contro la luna

il peto di Agaga fa dumdum

allo alla

presto fare una bella cacca grossa e grassa


Clément Pansaers, Je Blennorrhagie. [Io Blenorregio]


 

[1] André Blavier e Raymond Queneau, Lettres croisées. 1949-1976. [Lettere incrociate. 1949-1976]. Corrispondenza presentata ed annotate da Jean-Marie Klinkenberg, Bruxelles, Labor, 1988, coll. Archives du Futur, pp.90-91. Oltre a il Pan-Pan e Bar Nicanor, Je Blennorrhagie [1920] si chiude egualmente con un da capo endiablé.


[2] Clément Pansaers, Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre [1919], ora in: Bar Nicanor & Autres Textes Dada, scelti e presentati da M. Dachy. Paris, Ed. Gérard Lebovici, 1986, pp.49-78.


[3] Con “iterazione”, si può intendere una funzione retorica generale, una caratteristica globale, in somma, che può tradursi sul piano concreto con diverse applicazioni, come la chiusura (bouclage) o semplicemente, la ripetizione.


[4] Sui quindici costituenti fonetici dell’enunciato ([pãpãokydynyn€gR]), quattro di essi si trovano ripetuti, sia due volte ([p]), [ã] e [R]), sia tre volte ([y]), e ogni volta nella stessa cellula ritmica, cioè successivamente.


[5] Danza che ha ispirato a Gino Severini una tela: La Danse du Pan-Pan au Monico, riprodotta in: Giovanni Lista, Futurisme. Manifestes-Proclamations-Documents, Losanna, L’Age d’Homme, 1973, che Pansaers avrebbe visto durante l’esposizione dei pittori e artisti futuristi che ebbe luogo alla galleria Giroux, a Bruxelles, nel maggio-giugno 1912.


[6] Marc Dachy, Portrait du poète en sa nacelle, in: Clément Pansaers, Bar Nicanor & Autres Textes Dada, op.cit. (cfr. anche dello stesso autore Meeting pansaérien, in: Plein- Chant, n° 39-40, Primavera 1988).


[7] Jean-Paul Bier, Dada en Belgique, in: J. Weisgerber, Les Avant-Gardes littéraires en Belgique. Au Confluent des Arts et des Langues (1880-1950), Bruxelles, Labar, 1991, coll.Archives du Futur, p. 302.


[8] Di cui Rik Sauwen ha avuto una netta intuizione: “Così, tutto diventa possible e di tutte le possibilità che si aprono a lui, Pansaers sceglie la più estrema, quella della distruzione, della danza del Pan-Pan; perché per il dadaista Pansaers, la consegna suprema è quella della gratuità annichilente. L’atto più perfettamente gratuito conssite in effetti a mettersi il Pan-Pan (o rivoltella) nel culo! Ecco ad ogni modo uno dei significati del titolo […]” (R. Sauwen, L’Esprit Dada en Belgique, Lavoro di Licenza in Filologia Romanza, Katholieke.Universiteit Lëuven, Settembre 1969, pp. 102-103.


[9] “[…] l’io […] è una sala da spettacolo […]”, ibidem, p. 64.


[10] J. P. Boer, op. cit., p. 302.


[11] Cfr. la cronologia stabilita dal Signor Dachy in Clément Pansaers, op. cit., p. 35-47.


[12] Point d’Orgue programmatique pour jeune Orang-Outang, in op. cit., pp. 161 e 176.


[13] Op. cit., pp. 140-141. Riproduco il testo originale:


affiche érogène à l’intérieur de la robe carrousel

caressant la féminité à l’intersection des Joues

postérieures par analogie nuancée jambon de

cochonnerie éclats de rire en cercle ondulé par la

colérine les lumières éteintes plissent en collerette le

rideau sur l’effort se ferme en trou noir

[…]

               caca            caca

                        bê

 

[14] Clément Pansaers, Sur un aveugle mur blanc, in: op. cit., p. 187.


[15] J. P. Bier, op. cit., p. 293.


[16] Ibidem, pp. 293-294.


[17] In Sur un aveugle mur blanc et autres testes. Lettres à Tzara, Picabia e Van Essche, Bruxelles, TRANSédITION, 1972.


[18] In Ça Ira (Dada. Sa naissance. sa vie. sa mort). N°16, novembre 1921, riedito da Jacques Antoine, 1973, pp. 111 e 114.


[19] Alla stregua di Pansaers e Picabia che stimeranno molto presto (nel 1921) che "Dada [ha] veramente perso la sua ragione d'essere", "Dada et Moi", op. cit., p. 115), Richard Huelsenbeck abbandonerà Zurigo non appena vedrà moltiplicarsi i primi segni di istituzionalizzazione- soprattutto attraverso l'inaugurazione della galleria Dada, di cui conserverà un ricordo molto critico: "salone di manicure delle belle -arti", "anticamera dell'ambizione", "stretta cucina di convenzioni letterarie" (Richard Huelsenbeck, En Avant Dada. L'Histoire du Dadaisme [1920], Parigi, Editions Allia, 1983, p. 27).


[20] H. Behar e M. Carassou, op. cit., pp. 154-156.


[21] Non bisogna perdere di vista, in effetti, che eroismo anale e desiderio d'integrità dell'io, secondo Freud, sono intimamente legati: "L'abbandono dell'escremento [...], è il primo caso di rinuncia ad un pezzo del proprio corpo per guadagnare il favore di un'altra persona amata" (A partir de l'histoire d'une névrose infantile [Dalla storia di una nevrosi infantile], In: Oeuvres complètes [Opere complete], T. XIII, Parigi, P.U.F., 1988, p. 59).


[22] Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre, op. cit., p. 61.


Link al post originale:
L'eternel retour du pan-pan au cul

Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre da Internet Archive dell'Università dello Iowa:
Le Pan-Pan au Cul du Nu Nègre

 


LINK Pertinenti all'argomento trattato:

Pansaers, L'Apologia della pigrizia, 1921, 1a parte

Bernard Pokojski, Pan! Pan! Pansaers, 2006

Fabrice Lefaix, Al Tempo dell'Occhio Cacodilato, 17/21 giugno 2005 

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