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30 aprile 2015 4 30 /04 /aprile /2015 06:00
DADA e IO
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Dada ha voluto essere la parola d'ordine di un certo spirito, equivalente a ciò che si intende con simbolismo, con cubismo.

In questo senso sono diventato dadaista verso il 1916, quando la parola Dada non era ancora stata trovata; nello stesso senso in cui John Rodker era diventato dadaista, durante la guerra, in Inghilterra; e Ezra Pound in America. E quanti altri lo erano diventati, a loro insaputa e senza la minima influenza d'altri.

Perché in questo senso ancora, il punto di partenza teorica della scuola, che avrebbe potuto chiamarsi Dada e che, malgrado tutto rimarrà nominata in tale modo, risale ad Alfred Jarry per l'idea e allo Stéphane Mallarmé del "Un coup de dés" e di alcune "divagations" per l'espressione.

Ad Alfred Jarry per l'idea, intendo dire, il lato stupidamente farsesco della vita, che ci è stato dato di vivere così comi-tragicamente durante la guerra.

La guerra tagliò di colpo la continuità di tutte le speculazioni di prima del 1914. Se Einstein ha definitivamente stabilito la sua filosofia del Relativismo, è la guerra che gliene ha fornito gli elementi. Prima del 1914, si poteva avere l'intuizione di alcune linee-forza. L'arresto completo di tutte le correnti ordinarie della vita e la loro deviazione verso la distruzione, compresa l'autodistruzione, ha reso tangibile alcune vie insospettabili nel dedalo organizzato dell'atavismo che aveva creato la civiltà.

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Sarebbe troppo lungo enumerare qui tutte le volizioni che questa ripulitura brutale ha fatto apparire durante gli anni 1914-1918.

Il caso, con un colpo di mazza, aboliva la logica dei filosofi e con essa, tutte le speculazioni filosofiche nelle loro suddivisioni: metafisica, psicologia, ecc., con le loro leggi considerate come immutabili. La bio-chimica poteva molto presto notare la possibilità delle sovrastrutture, dall'elettrone all'uomo, nel passaggio continuo dalla costruzione alla disaggregazione attraverso l'oscillazione eterna dell'equilibrio dallo stabile all'instabile.

La letteratura, l'arte, vi trova il suo fondamento così come il resto. E già nel 1917, ho sostenuto questa legge e l'ho spiegata sotto la concezione letteraria, sotto forma di paradossi, nella mia rivista Résurrection, e in alcune discussioni, a Bruxelles,  al "Au Diable au Corps", a un gruppo di giovani che, disorientati (ohé i convinti e ancora così giovani!) si attribuivano un punto di consolazione chiamandomi "eccentrico".

Più tardi le mie "eccentricità" furono chiamate bolsceviche e mi valsero una perquisizione - gendarmi e soldati baionetta in canna - e una sorveglianza stretta da parte della polizia segreta per diventare infine dadaisti. Che gioia interstiziale!

Più esplicitamente, sostenevo le seguenti verità; - rispetto allo spirito che non considera la letteratura dal solo punto di vista del Mercantilismo, di ricavarne a propria convenienza: -

1° Gli umani non si somigliano che per le loro dissomiglianze. Da allora, ogni individuo deve scoprire in lui questa cosa, che lo rende estraneo a - e lo differenzia dal - suo vicino; e non appena questo stato esteriorizzato in arte, è impossibile che un tale faccia della pittura come Cézanne, e un tale del romanzo come Bourget o chiunque altro.

2° La descrizione della natura è facile. L'individuo è natura a sua volta, e ha in sé un terreno inesauribile da scoprire. La natura esterna può servirgli gli elementi adatti alla costruzione della sua opera.

3° I grammatici hanno creato delle regole di sintassi basandosi sugli autori (oho! la stabilità della lingua francese!). Questa sintassi non bastava già più a Stéphane Mallarmé per rendere i suoi concetti tangibili. E le parole hanno dei sensi talmente molteplici che per rimediare più o meno alla confusione, la parola adatta importa. Si arriva così a condensare in una parola ciò che il fraseggiatore dice in sei pagine. Ciò abolisce di colpo il romanzo da 350 pagine - questa merce commerciale! che, dovendo essere commerciale, perde ogni valore in arte.

Si giunge così a concludere severamente di fronte ai Paul Bourget, gli

Anatole France e tutti i romanzieri invariabilmente all'andatura uniforme dello spessore commerciale: 350 pagine. Ma basta così. Sviluppo qui il critérium che mi sono formato alla mia rinascita nel 1916, e che ha presieduto, tra gli altri, alla composizione del mio Pan-Pan, che in una scrittura ordinaria avrebbe formato un grosso volume: 600 pagine.

Devo qui confessare l'influenza che ebbe su di me la lettura di Chuang-tzu, cinese, contemporaneo di Aristotele, più vicino a me, più vicino a noi di Spencer e William James. E' in lui che ho trovato una teoria della Distruzione, degna di applicazione; poiché il filosofo mi provò ben presto l'evidenza che di fronte all'impossibilità di una volontà isolata, non rimane a quest'ultima che la distruzione attraverso la costruzione.

Non è qui il luogo per descrivere più ampiamente, né di analizzare il mio Cinese, benché sia il precursore del Relativismo e di tutte le teorie ultra-moderne. Gli interessati lo leggeranno tra poco in una rivista parigina. Il superficiale, davanti a molte negazioni artistiche, pone volentieri la domanda: Perché scrivete?

Ma non vi è nulla di più lussuriosamente allegro di pubblicare un libro - quanto ancor più nel pubblicare un libro a tendenza ultra -, non fosse altro che per leggerne le critiche. Perché il volume è dapprima sottile, perché l'autore disdegna il tam-tam della pubblicità in seguito - il critico si erige, arrogante e lo rimane.

Da parte mia noto alcune insanità e titoli:

Da "pazzo, esibizionista mistico", "Senza genio" lo so, fino a un "delirante" di un tale signore accanto a "raffinatezza della bestialità" (che moralizzatori dannazione! E dire che tutte queste persone non sono mature per le Carmelitane!) a "una gioia di vivere" accordatami da u tale convinto  che attendo il Messia, sino a, (vi chiedo se è interessante e divertente lo stesso) il "ho letto con una curiosità divertita" di André Gide e "In tutte queste opere apportate un elemento nuovo alla poesia francese, e tuttavia restate nella grande tradizione" di Valéry Larbaud.

Ometto le lodi degli amici ed è per essi, e per me, e per qualcun altro, che spero ancora di "commettere" degli atti in questo senso.

In Belgio, il paese che più al mondo segue le tendenze artistiche, la parola Dada fu appena conosciuta, ma conosciuta in un senso corrotto e contraffatto, che mi catalogarono sotto questa etichetta, in un senso a loro parere, ben inteso, eminentemente ridicolo. Quanto ne ero fiero! Vada per il Sapone Dada dunque. Signore!

Il mio Pan-Pan e molte altre opere edite o ancora da pubblicare sono state scritte nel 1916, 1917, 1918, quando ho saputo dell'esistenza di Dada nel 1919, quando ero da Carl Einstein a Berlino.

Aderii con piacere al movimento, che non conobbi intimamente che nel 1921. Vi aderii, perché la mia evoluzione si era compiuta in un modo simile.

Alcuni amici di Bruxelles, addirittura dei "nemici", alla vista della mia pittura, così come alla lettura della mia letteratura esclamarono "più che Dada, pan-Dada!". Se la parola fosse esistita nel 1915-1916, questi stessi avrebbero sicuramente esclamato la stessa cosa davanti alla mia scultura e alle mie incisioni su legno in Résurrection. Quanto era divertente! - Da morire! Firmavo le mie incisioni Guy Boscart. Degli artisti mi pregavano di presentarli a Guy Boscart, a loro parere il primo disegnatore del Belgio! Esageravano, ma era divertente, follemente, come l'anno precedente, quando esibivo, ai pittori, scultori e altri artisti le mie terrecotte ed essi gridavano allo scandalo, alla polizia, pronti a battersi perché non era arte!

Tuttavia la mia "Maison à l'Orée" a La Hulpe, diventava un luogo di pellegrinaggio dove si andava a rifarsi i nervi con la discussione pro e contro l'arte. Ma i meglio intenzionati avevano così paura dei "cosa diranno" e dei "cosa si fa a Parigi, a Berlino"!

L'arte non mi interessa che come fantasia, piacere di lusso. Il mio stile? Imbecille unilaterale! - Nemmeno bilateralmente ma come l'esplosione dei missili di un fuoco di artificio - 69 commutatori in una sala di spettacolo che spengono e riaccendono 69 luminosità - o più semplicemente la porta di una classe froebeliana, che si apre a metà tempo e la folla variegata dei marmocchi che sciama sul prato. Come due piani, tre piani, Signore? - Poliedrico! E insieme a tutto questo la concisione che si riferisce all'intuizione del lettore per afferrare il filo dei pensieri che si affollano all'uscita del tubo, nel quale secondo il sistema "Wirel wireless", sono state rialzati da uno a 270 HP. E scoppiano allora su dei piani multipli, essi si incontrano e e producono dei corto circuiti e il resto...

A Parigi, dovevo scoprire presto che ero ben lungi da Dada. Una distanza come diceva Cocteau dall'estrema sinistra all'estrema destra ci separava. Ero d'accordo con Carl Einstein quando mi scriveva che "Dada è un gioco di parole che loffa troppo lontano!". Infatti, perché il gruppo dei dadaisti stupiva il borghese di Parigi, con gli stessi mezzi

che impiegava questo borghese, e da molto tempo, ma superiormente allora, per sfruttare la sua ideologia borghese. Sin da allora Dada aveva veramente perso la sua ragione di essere, vero Madame Sternheim.

A molti dadaisti mancava certamente un criterio chiaro e netto. Non sapendo molto bene ciò che essi volevano, erano trascinati dalla corrente, che cercò di ristabilire il vecchio equilibrio del 1914. Essi proclamarono la negazione e passando all'affermazione per se stessi, lo facevano a rimorchio di Gide o vagamente di Stéphane Mallarmé. Dada non era più, in ultima analisi, che Tam-Tam Réclame.

E allora giunse... il lunedì 25 aprile 1921, dopo la riunione bisettimanale, e il pranzo, e il baccara, presso il "Certà". Era mezzanotte ed eravamo: 2 dame, i Turco, e 9 dada - e quella notte memorabile accade quel che doveva accadere...

Un portafoglio di cameriere di caffè rubato - oh! la storia è troppo lunga. - Ed ho assassinato Dada! -

(Al contrario della relazione di Pierre de Massot nel suo articolo "Dada", in questo stesso numero, non ho dunque seguito il il movimento di Picabia. Mi sono, infatti, ritirato da Dada, quella notte del 25 aprile. Picabia se ne staccò, con un articolo in Comoedia, l'11 maggio 1921).

Né il pubblico, il che è comprensibile, né la critica, il che è inammissibile, se vuole passare come competente - non hanno mai afferrato il significato di Dada. Le risposte all'inchiesta della Revue de L'Epoque "Si devono fucilare i Dadaisti", lo dimostra una volta di più, e a oltranza, le risposte dei due Belgi sono là a provare che i Belgi erano i più ignoranti ed anche i più aggressivi. Ma basta ora e malgrado tutto Dada è esistito ed esiste. Come sempre, alcuni aspettano le opere, così come vi sono altri che aspettano il Messia, mentre le opere sono là. E poco importa che esse non siano che una curiosità... provvisoriamente!

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

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31 dicembre 2014 3 31 /12 /dicembre /2014 07:00

 

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ZINZIN



Zinzin fu una negazione.

A sua madre secondo la carne, egli poté opporne una secondo il desiderio. Lamprido non conobbe mai sua moglie se non secondo il metodo ancestrale del buon papà. Una Picarda gli aprì, spalancandogliele, le porte della scienza che essa aveva preso da mastro Nicolas Chorier. È così che Lamprido giunse ad opporre, al no energico della sua sposa, un sì categorico. E invece della rovina che affermava, da un vasto rococò, la morte — Zinzin fu generato, negativamente, e come da Lamprido uno sputacchio umoristico.

Nel periodo della gravidanza, la madre fu avida come una lupa. Lamprido cantò, per i nove mesi, un coro novenario di umanitaria sentimentalità.

Fu il tempo in cui l'autosuggestione sfociò nell'autodistruzione. Il vero era diventato verosimile. Alla foresta dei fuochi incendiarono le nubi; i boscaioli costruirono delle stelle. Un fragore di bomba scavò, ad intervalli, un buco nella calma. Il silenzio della casa tenne dei colloqui contraddittori al silenzio dello spazio.

Al termine della gravidanza, la scienza medica pronosticò un aborto o qualcosa che vi si avvicinava. Durante il parto, furono in quattro a tirare. Secondo la testimonianza degli assistenti, Zinzin somigliava, in dimensioni, a una testa di elefante.

Lamprido si estasiò di fronte alla sua opera e fece "L'apologia della pigrizia". E E per allontanarne definitivamente i minimi malefici del volgo, gli trovò, come padrino, una giovane mistura di israelita, e , come madrina, un'attricetta, i due, nel loro campo reciproco, a disposizioni apprezzabili.

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A quattro mesi, il neonato abbozzò una risata davanti alle sue dita danzanti. Lamprido mostrò a suo figlio i prosperi simulacri.

— Guarda, disse, e rise.

— La bruma ovattata della segale. Le stelle bruciano un piccolo forno conico. La luna esibisce una libbra di burro. Lo scultore modella dei pani di zucchero. Il pittore accenna dei Chateaubriands con pochi tratti. Il lastricato incolla dei grappoli di grasso al tallone della camminatrice. Un filosofo chimico seziona l'intestino del lombrico, inventando di estrarre della terra l'alimento condensato. Alla roulotte, scintilla una fiamma su una bottiglia vuota. Nelle paludi, i mercanti cercano di prendere con la rete il germe dei fuochi fatui. I naturalisti selezionano dei lampiridi, per sostituire l'illuminazione. Le galline spiano le mele marce, dimenticate sulla cima dell'albero. La notte ostenta del carbone. La figlia del marciapiede si impegna parlando patate. Bisogna guadagnare il proprio pane quotidiano. Scacciate dal vento, le foglie cercano nei fossi una tomba. Esse chiudono le buche perdute in cui i gatti, in agonia, si inumano. Tutti i rumori del mare soffiano sugli alberi. Le casalinghe, attingendo dell'acqua alle pompe municipali, fanno ritorno, il vento nei vestiti, come dei pennoni su dei velieri. Al cadere della notte, tutti i pezzenti, nella loro bicocca, diventano capitani: chiudendo le quattro mura, il loro sommergibile si immerge, e si si compiono dei viaggi sottomarini.

Ascolta i rumori delle industrie di guerra, rumori di motori che ronzano, di bombe che esplodono. Missili, raffiche, mitraglia.

Un merlo disertore si nasconde ai piedi della siepe.

Il poppante, le due mani in bocca, proclamò il suo manifesto della verità in un pancotto.

— L'inverno, la foresta esibisce un'architettura di arabeschi, nero e bianco. Occorre — dice Lamprido — una curiosità insaziabile. Un fringuello, dietro un asino, griga, piange carestia. La luna illumina il giorno. La gallina modella delle stelle nella neve. Il cavallo ritaglia, sulla strada, delle mezzelune.

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Il commesso del caffè, la mattina all'apertura, legge sui vetri, le immagini eterniste delle notizie sensazionali, propagate la vigilia. Il giorno di santa Caterina, le vecchie ragazze si tirano su i capelli grigi e si insaponano la barba. Il vento sui viali, gioca con delle spade. I tremanti ricevono l'abbraccio - cavalieri della miseria.

Il marmocchio di sei mesi sorride, quando suo padre consigliò di strappare la luna perché essa esibì dei muscoli di gallina il biancore.

Quando la madre svezzò il bambino, fu dopo tanto tempo la carestia. Una vecchia signora della Somme, rovinata durante la guerra, gli insegnò a mangiare delle mele e delle pere, delle uve e delle nocciole — e in inverno — delle rape, delle carote, delle patate al sale e del pane raffermo ben bagnato. Ad ogni pasto, diceva — buono ancora. — Amava mangiare bene e fare una "bella cacca". Così divenne grasso e grande e una negazione della miseria.

Nell'età dell'incoscienza, fu la gioia della coscienza.

— Spiega dunque, dice Lamprido, mostrando alla madre, Zinzin, che marciò, sempre e dappertutto dentro la casa, dietro suo padre — spiega dunque al mio doppio, tutte le teorie nuove e antiche della religione e dell'anima. — Inutile è il commento minimo.

A due anni, negò tutto. Ad ogni definizione, oppose un non volontario. Sua madre, ricordandosi del concepimento, ne fu fiera.

Ebbe luogo, in quel tempo, il sublime sbandamento dei vinti. Innumerevoli truppe di materiale, animale e umano, si riversarono in tutte le strade e sollevarono nubi di polvere, che era semplicemente del verminaio. Zinzin, a sua volta, fu infettato. Avere pulci fu la moda di quel periodo di transizione.

Lamprido preparò dei bagni solforosi. Lavando suo figlio con la spugna tra le gambe, credette di concludere che Zinzin era predisposto all'onanismo e danzò con lui il pan-pan.

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Pan-pan. Pan-pan
che un giorno andrai in prigione, giurerai

 A diciotto mesi, mio padre me lo cantò

Pan-pan. Pan-pan

Che un giorno andrai all'ospedale, sputerai

A diciotto mesi mio padre me lo blasfemò

Pan-pan. Pan-pan
Se un giorno ti rinchiuderanno in una casa per alienati

Canterai a diciotto mesi, io l'ho ballato

Pan-pan, Pan-pan

Polyfonia, polifollia

 Pan-pan

 Mia madre è una santa!

 Pan-pan

Mio padre è un café-chantant

Pan-pan-pan.
 

Clément Pansaers
 
[Traduzione di Massimo Cardellini]
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22 maggio 2013 3 22 /05 /maggio /2013 06:00
UNA BOMBA DEVASTA    le Isole Sottovento
 
Filmata in 3 Parti da un Aborigeno Sopravvissuto

 

Pilhaou-Thibaou

I.
Accusa

 

Baccara. I vostri giochi, cari amici. I giochi sono chiusi!
Delle agonie come dei conciliaboli da portinaie.
Degli orsi-cleptomani gonfiandosi di rabbia mimano lo sbranarsi

l'un l'altro, davanti ad un formaggio rubato.
Che essi non hanno avuto il coraggio di rubare.

Ridono fragorosamente — «Cassa comune» —

— Noi siamo i banditi —
 
 
 
 

Ed il facente funzione di professore-platonico

— rigonfio del porpora-violetto della scomunica —

Ordina: —

Vecchia scrofa-morale restituire il denaro;
A me la galletta; non ho pranzato a mezzogiorno
e adoro la codardia, filibustieri. —
 

 

II.
Condanna

 

 

Banco e colpo secco 8 : 5 — Merda! —

Cameriere! sorvegliate la sorveglianza,
al palo Emozione — si appendono tutte le formule
rastacuero del relativismo.
Bari! — I giochi sono chiusi! —
 


Elevare la viltà in dogma è la peculiarità

del dottore vegetariano
digiunatore che rumina la sua convinzione
quando la sua tranquillità è assicurata
con retro-pensiero di pubblicità
del profumo estratto dall'urina di Gatto-Baudelaire.

 

 

Sotto la Dittatura della cleptomania si impegnano volentieri

la coscienza e la responsabilità di alcuni
capri castrati in atteggiamenti espiatori.


il pidocchioso sotto i ponti di Parigi ignora che l'acqua della

Senna lava e che da 20 anni Bruxelles esporta
del Sapone DADA.
 
 
 

 

 

Mi attengo alla disposizione

della Ragione morale raddoppiata di attività
potenza rivoluzionaria
sulla mia tavola da toilette
la somma di 255 franchi.


(Bisogna che mi faccia dei muscoli. Viva la boxe

e l'autista di taxi)!


Un minuscolo maiale con pedigree

— che cavalca una bambola estrosa —
dirige in me,


Il Potere esecutivo al servizio del mio fuoco di artificio

affermativo.


Attenzione! il fuoco di bengala, che cadrà la Non-Resistenza

davanti al possesso d'altri

 

 

 

 

III.
Rag-time Funebre

 

— Lascio la banca ai dilettanti. Guadagno abbastanza per regolare i miei debiti. 

Carogne! I vostri giochi, cari amici! L'usuraio ha di che riabilitarsi! —
Scoppiettare sincopato dei clacson, di tromboni di clacson, di musica da balera.

Bamboula

 

 

 

Campionato del mondo dei filibustieri a titolo postumo.
La paccottiglia giapponese si camuffa in una lettera cinese
Un movimento giramondo ha perso il suo sesso in un

  portafoglio di cameriere di caffè alla crema-truffa.

A-I- Morale della Vita interiore

 annaffiato con vecchio residuo-misticismo.

 

 

 

 

I testardi-convinti si fanno ritrarre come stupidi.
La grande-ruota esibisce un duplicatore alla mitraglia per
raccoglitori dai luoghi comuni ai cataloghi dei ritornelli logori.
Dei bevitori di elisir di menzogna

annegano in un bicchiere di Ersatz-verità.

 

 

 

 

 

la fantasia a cavalcioni sugli avvenimenti riportano a

zero il tempo e lo spazio.

Picabia ha scoperto l'isolatore della

  pesantezza-attrazione

da allora nella vertigine dello stallo

  gira la follia nel senso buono

  e il buon senso alla zuppa di pesce.

 

 

 

Pace postuma Proposizioni umane

non divulgherò la vostra, identità

alle acque della Senna

E la posterità si annuncia prolifica!

 

Eh! Laggiù – Rimborsate I gettoni!

Mi fate perdere la mia ultima metropolitana, maiali!

Arrivederci, amici miei cari!

 

 

 

Clément Pansaers

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]





 

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31 luglio 2011 7 31 /07 /luglio /2011 07:00

 

 

Céline Arnauld

Scritti brevi da riviste dada.

 

 

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Questa pagina è stata scritta per tre quarti da Céline Arnauld, la parte rimanente da Pierre de Massot. Le due scritte poste sui lati della pagina in caratteri maiuscoli recitano rispettivamente: "È più facile grattarsi il culo che il cuore, Sant'Agostino" (a sinistra); "La sola uniforme sopportabile è quella dei bagni di vapore, Napoleone", (a destra).

 

 

 

 

ESTRATTO DI SATURNO


Una parola, questa corre più veloce di un campione di velocità, ce ne impadroniamo e ne facciamo o una storia personale o anche un’opera. Diffidate dei ladri di queste briciole di intrighi.
*
*   * 

Una fiera è come un’assemblea o un assembramento. Tutti gridano insieme. Il ladro grida al ladro, l’uomo leale si polemizza con la folla. Il ricco si presenta dimessamente, il povero è ricoperto di brillantini. Il mercante si avvolge nei suoi tappeti e le sue coperte e diventa il re. È sorprendente come lo spirito-servile si ritrovi ovunque, anche in una festa spensierata ed allegra.

*
*  *

La poesia non pensa al domani, non ama i pomposi indumenti del borghese, è in costume da bagno, è trasparente. È piuttosto una farfalla- Ma ci sono dei dilettanti che le conficcano uno spillo nel corpo. Non crediate che il volo sia allora più doloroso: è più movimentato- è un’ebbrezza che non finisce mai, ma lo spillo diventa ELICA
*
*  *
Scambiate una poesia per un incontro di pugilato… è piuttosto una gara ippica, una corsa ciclistica ed anche una corsa podistica.

*
*  *

Questo silenzio da carnefice sui vostri volti ci fa vergognare. Questo accumulo di odio, di rancore e della cattiveria dietro questa calma! Credetemi, vomitate tutto sotto forma di parolacce, scrivetele, gridatele davanti a tutti e vi sentirete sollevati. Abbiamo bisogno di purgare lo spirito così come il corpo. Si può dire qualunque cosa nella collera e conservare il cuore puro. “Conosci te stesso” e cioè: “Insaponati tu stesso prima di insaponare gli altri".
CÉLINE ARNAULD


 
INVIO DAL GIAPPONE

"Il dottor Li-ti-pi mi aveva invitato ad assistere ad un'autopsia. Ciò accadeva all'obitorio di Tchiou-Chang. Sul tavolo era stata collocata un'enorme farfalla. Dietro le sue ali si ritrovarono nascote: una locomotiva, quattro martiri, un bastoncino zuccherato, un curato, un flacone di aspirina, una stella, un montone ed un serpente, un imperatore, un uomo, un parapioggia, una luna e otto soli, infine un'intera corte, a cui dava ombra! "Allora la farfalla alleviata si mise a volare, con grande gioia e grande rimpianto di coloro che la credevano morta".

 

 

CÉLINE ARNAULD 


 

 

 

 

LINK al sito "Dada Archive", agli articoli di Céline Arnauld:

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27 luglio 2011 3 27 /07 /luglio /2011 07:00

 

Céline Arnauld

Scritti brevi da riviste dada.

 

 

 


 

 

 

 

ENIGMA-PERSONAGGI




             

 

 

ÉNIGMA-PERSONAGGI

 

Non abbastanza misterioso al volante della tua automobile

Non troverai mai la chiave di

D al rovescio enigma in autobus M

Appesa ad una stella la scala rovesciata

Bicicletta in divagazione occhiali nobilmente rimontati

Indubbiamente non abbastanza Dada ne verrà fuori

Seduto sul bordo delle strade fuoco fatuo

Sulle risate del delirio infantile

E la ferrovia ironica

                     mostra i suoi denti nuovi

                                        all’ultimo treno.

                                                

                                                              Céline ARNAULD

 

 




 

 



LINK allo scritto presente:

Énigme-Personnages

 

 

LINK al sito Dada Archive agli articoli Céline Arnauld:



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23 luglio 2011 6 23 /07 /luglio /2011 11:20

 

Céline Arnauld

Scritti brevi da riviste dada.












                                



 



ALLARME


I sentimenti

scendiletto nella casa

dell’antiquario

Mattino

Le ali dell’aeroplano

equilibrano il risveglio degli amori

in strade ferrate

Le rotaie ne piangono

l’intelligenza deraglia

e senza preoccupazione i meccanici si contendono

le canzoni dei vagoni letto

Amici miei amici miei

non fidatevi della scintilla

il fuoco attecchisce ovunque

anche nei vostri cervelli

Fermata prima stazione

Il capostazione senza ragione

– è forse l’esibizione del sole

sulle finestre del vagone

o l’ispirazione antialcolica

del mattino in foglietti –

divaga destreggiandosi abilmente con i pacchi

severamente riempiti di caffè sveglia-mattino

La potenza delle catapulte

spezza le ali troppo fragili dell’aeroplano

                 altalena di antiche tenerezze

Ehilà miei molto cari amici

sui sentimenti scendiletto

il tempo passa

la pioggia cade diffidente e meschina

Le vostre parole sono degli schrapnells

sulle ruote di girasole

I cimiteri si prolungano sino all’erba morta…

State attenti alle tombe aperte

 

                    CÉLINE ARNAULD


 

                 

 

 

 

 

 

 

       Risposte

 

La letteratura più bassa, è la letteratura di vendetta.

 

Per coloro che non sono amici miei: "Seguite la massa, branco di imbecilli".

                 CÉLINE ARNAULD

                      







[Traduzione di Elisa Cardellini]

 

LINK al presente articolo:

Avertisseur


 

LINK al collegamento del sito Dada Archive agli articoli Céline Arnauld:



ALLARME

 

I sentimenti

scendiletto nella casa

dell’antiquario

Mattino

Le ali dell’aereo

equilibrano il risveglio degli amori

in strade ferrate

le rotaie ne piangono

l’intelligenza deraglia

e senza preoccupazione i meccanici si contendono

le canzoni dei vagoni letto

Amici miei amici miei

non fidatevi della scintilla

il fuoco attecchisce ovunque

anche nei vostri cervelli

Fermata prima fermata

Il capostazione senza ragione

– è l’esibizione del sole

sulle finestre del vagone

o l’ispirazione antialcolica

del mattino in foglietti –

divaga lanciando in aria abilmente i pacchi

severamente riempiti di caffè sveglia-mattino

La potenza delle catapulte

spezza le ali troppo fragili dell’aeroplano

altalena di antiche tenerezze

Ehilà miei molto cari amici

sui sentimenti in discesa del letto

il tempo passa

la pioggia cade diffidente e meschina

Le vostre parole sono degli schrapnells

sulle ruote di girasole

I cimiteri si prolungano sino all’erba morta…

State attenti alle tombe aperte

 

CÉLINE ARNAULD

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5 luglio 2010 1 05 /07 /luglio /2010 20:35

Con questa categoria "Scritti da riviste dada" ci riproponiamo di far conoscere, in una traduzione speriamo adeguata, quegli scritti minori, e a maggior ragione del tutto sconosciuti nel nostro paese, degli autori dadaisti che comparvero nelle riviste storiche del movimento. Cercheremo di scegliere tra i più interessanti di essi, che si tratti di poesie, brevi opere teatrali, racconti, scritti teorici, non importa.

Iniziamo con un singolare lavoro teatrale scritta a tre: Breton, Desnos e Péret, intitolata "Comme il fait beau!" e che abbiamo tradotto con Ma che bel tempo! Questo breve scritto apparve sulla rivista per eccellenza del movimento dada parigino e cioè Littérature edita sin dal marzo del 1919 a Breton, Aragon e Soupault e che per meglio contrassegnare la propria svolta verso l'avanguardia ricominciò la propria numerazione nel marzo del 1922 dando luogo alla nuova serie dichiaratamente dadaista.

L'opera è significativamente dedicata a Max Ernst, il dada tedesco ammirato dai parigini il quale fece conoscere loro la tecnica del collage con cui molte delle prime opera dadaiste francesi furono scritte da singoli o più autori. È chiaro che anche altre tecniche che proprio a quell'epoca i dadaisti parigini andavano collaudando possono anche essere state usate dalla scrittura automatica ad un antenato del "cadavre exquit", non escludendo, anzi, quella del cosiddetto "sommeil", lo stato di trance in cui sembra che proprio Desnos eccelleva. Il tutto supportato dalla grande carica di umorismo che non è mai mancato a questo movimento e che fa sì che spesso in traduzione vadano persi gli innumerevoli doppi sensi.

Molto interessante in questa prima parte tradotta, il cosiddetto albero genealogico che appare ad inizio dell'opera e che è un abbozzo ad una vera e propria ricerca dei propri antenati da parte dei dadaisti, vi compaiono non a caso, tra altri volutamente provocatori, i nomi di Sade, de Chirico, Cravan, Vaché, Lautréamont, Henri Rousseau, Roussel, Apollinaire, Freud, Rimbaud, Jarry.

 

 

 

 

 

  COMME IL FAIT BEAU!

 

 

 

 

 

 

 

Breton, Littérature, 9, 1923, n.s.Copertina della rivista dadaista parigina Littérature. Fondata da Breton, Soupault, Aragon nel 1919.

 

 

 

 

 

 

 

Breton--06.jpg

Pagina iniziale dell'operetta teatrale Comme il fait beau!, tratta dalla rivista Littérature, organo del movimento dada di Parigi.

 

 

 

  

 

 

 

MA CHE BEL TEMPO!

 

 

                                                                                                                                     A Max Ernst.

 

 

 

 

 

 

Nella foresta tropicale. A destra l’albero genealogico lascia vedere l’albero a molla che sale e scende durante tutta la scena. Un banyan occupa tutta la sinistra. Enormi pensieri da ogni parte. Uno specchio è posto sul fondo.

 

 

Due scimmie, un insetto-foglia. All’alzarsi del sipario la prima scimmia completa con il gesso l’albero genealogico sul quale figurano un certo numero di nomi: Sade, Nouveau, Chirico, Cravan, Hegel, Vaché, Lebaudy. Sotto dettato della seconda scimmia lo si vede riempire le insegne vuote: Lautréamont, Henri Rousseau, Roussel, Nerone, Apollinaire, Mongolfier, Freud, Rimbaud, Galileo, Jarry, Marat, Robespierre, Colombo, Fantomas, Deschanel, Rosa Josepha ed infine Silexame. Fatto ciò, la prima scimmia scende precipitosamente dall’albero genealogico e si accovaccia al suolo.

 

 

SECONDA SCIMMIA. –Ho una mano che non ha peli, ho una mano che non ha peli (le due braccia estese) è più grande dell’altra. I frutti, non è vero, non c’è modo di prenderli: non si staccano dagli alberi e quando ci si appoggia sopra, ci si accorge che sono sonori. (Agitazione). C’è dell’acqua negli alberi; c’è dell’acqua. L’aria è pesante, è come una cosa, è quasi come una cosa liquida.

 

 

 

L'insetto-foglia, rimasto sino ad allora invisibile, scende a terra.

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Fai attenzione alla grande faccia bianca perché la grande faccia bianca gira e può schiacciare le mani. Quando passa, i sessi sono attratti da esse ed ha il potere di trasformare l’aria in sabbia.

 

 

L’INSETTO-FOGLIA. –Vedete come sono bella con la mia veste mica a microbi.

 

 

PRIMA SCIMMIA. –La sabbia è ovunque, ovunque. Gli alberi diminuiscono. La sabbia sale. Sento il mio sesso che si dilata, si dilata. Non è più che un punto. Sparisce come una nuvola. (piange).

 

 

SECONDA SCIMMIA. –È perché si appende per la coda che è nella sabbia.

 

 

L’INSETTO-FOGLIA. –Grandi parti di tempo crollano sulle carte mute come delle carpe. (Silenzio).

 

 

 

 

Un enorme verme attraversa la scena e sparisce.

 

 

                                                (Silenzio).

 

 

L’INSETTO-FOGLIA. -In amore tutto vuol dire ruga.

 

 

IL FORMICHIERE (entra gridando). –Ve lo chiedo forse per la millesima volta: non spiegatemi la natura delle cose.

 

 

IL CANGURO (entrando). –Anche per me è lo stesso. Cosa volete che vi dica quando mi si racconta una storia così: “Il Presidente di Gourges ha fatto arredare alla Signorina Baligny-Fontaine una sala in damasco cremisi. Ma lei non ha nulla di più bello delle sue braccia di camino: il suo fuoco è d’oro. Il cielo del suo letto è di ghiaccio. Non vorrebbe mai dormire per quanto piacere prova nel vedersi. Delle ghirlande recano quest’iscrizione: ‘Fai il bene’, non si sa se sia un precetto d’amore o del Vangelo”.

 

 

L’INSETTO-FOGLIA. –Dalla miseria isterica vedete sorgere le parole storiche.

 

 

PRIMA SCIMMIA. -Ecco un ben strano animale (indica il banyan). Ha l’aspetto di un fascio di rami ritorti che si estenderebbero all’infinito. È viola pallido. Non so il suo nome ma quest’animale è molto triste perché ha perso il suo sole. Non ha di che rimpiangerlo eppure, il suo sole: era un sole di felce. Ripete tutto il tempo: “Ho perso il mio sole”. Comincia ad infastidirci.

 

 

IL RAGNO (entra e si arrampica sull’albero a molla). –Come il banyan la società intera non è che un insieme di solidarietà che si incrociano.

 

 

IL CANGURO. –Ho letto questa mattina nel Times che il conte di Rochefort ha dato quindici luigi alla grande La Croix. A mio avviso è pagare troppo caro una deposizione dalla croce. Ha egli stesso ammesso che essa avrebbe dato da poppare, come le negre, da dietro le sue spalle.

 

 

IL FORMICHIERE. –Non scambiate i limoni per delle uova né i semi di limone per altre uova. Non scambiate i frutti per degli occhi.

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Piccione vola!

 

 

SECONDA SCIMMIA. –Crisi vola!

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Rosso vola!

 

 

SECONDA SCIMMIA. –Dio vola!

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Suicida vola!

 

 

SECONDA SCIMMIA. –Dente vola!

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Vulcano vola!

 

 

SECONDA SCIMMIA. –Unito vola!

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Seno vola!

 

 

SECONDA SCIMMIA. –Ostia vola!

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Polo vola!

 

 

SECONDA SCIMMIA. –30 febbraio vola!

 

 

PRIMA SCIMMIA. –Necessità vola!

 

 

 

 

Un enorme bozzolo bianco arriva rotolando e si immobilizza in mezzo alla scena.

 

SECONDA SCIMMIA. –Sporcizia vola!


PRIMA SCIMMIA. –Sergente vola!


SECONDA SCIMMIA. –Sepoltura vola!


PRIMA SCIMMIA. –Non so cosa vola!


IL FORMICHIERE. –Ve lo chiedo forse per la millesima volta! Non spiegatemi la natura delle cose.


IL RAGNO. –Puh! Lo stupido animale che non pensa che a mangiare, bere e dormire.


L’INSETTO-FOGLIA. –Ahimè! Tutto mi impedisce di dormire. Le radici mi danno delle coliche, le sardine crisi nervose. Se fumo una sigaretta, passeggio sonnambulicamente sui tetti. Impossibile bere un cocktail senza essere colpito da amnesia. Credete forse che possa vendicarmi subito? Ebbene no, il latte mi rende mistico. Sono così impressionabile! Non posso guardare il mare dove riposano tante brave persone senza essere portato a lasciarmi schiacciare tra due foglietti delle “Lusiadi” che il vento gira sulla barriera corallina. Non posso vivere nei distretti minerari senza sostenere, per mezzo di una canna, le mie forze manchevoli. Statue di cristallo o di zolfo, l’immobilità di cui la vostra vista mi colpisce è forse più assoluta della vostra. Cammino in una perpetua vertigine da quando ho incontrato una donna. Non appena mi guardo in uno specchio, piango tutte le lacrime del mio corpo.


PRIMA SCIMMIA. –Per la vostra emofilia, fatevi le iniezioni di gelatina, ma abbiate cura di sterilizzare a 120° per evitare il tetano.


SECONDA SCIMMIA. –Non dimentichiamo che la più nobile poesia è nata dal dolore; che la sofferenza umana ci ha valso la pietà, la tenerezza; che il dispiacere ci ha spesso costretti, sia ad late riflessioni sia all’attività salutare. Non dimentichiamo neanche che il cervello dell’uomo non percepisce che le differenze, e che una gioia che non finisse rimarrebbe inavvertita. È quando comincia a venire o quando cessa di essere che gustiamo la nostra felicità. E capisco il cavaliere Tannhaüser a cui le perpetue delizie del Venusberg non procurano altro che noia e che chiede di andarsene a soffrire e lavorare come gli altri.


L’INSETTO-FOGLIA. –Gatti pieni di pulci, quando darete dei cappelli ai papua?

 

Il bozzolo si fende in senso verticale. Ne esce una grande farfalla che batte le ali per un istante e sparisce per far posto ad un grande lume a petrolio accesa. La farfalla è accolta dai sospiri di tutti gli animali. Non appena è sparita la lumaca, l’insetto-tibia ed il rinoceronte fanno il  loro ingresso.

 

SECONDA SCIMMIA. –Questo qui sente di cattivo. È fastidioso quest’odore. Quale impudicizia!


L’INSETTO-TIBIA. –Se sento, è per meglio parlare, ma ciò che dico è senza calore e me ne vado, fuggo perché un’immensa rondella scende dall’alto del sole. Sicuramente il sole cadrà su di essa.


IL CANGURO. –La signorina Cornu ha cambiato pelle: ha debuttato con quella di una mulatta; e sono attualmente dei gigli per questo delle rose per quest’altro. La lavandaia ne trova persino nella sua biancheria.


L’INSETTO-TIBIA. –Sono colui che suona, colui che suona, colui che non udrete perché nelle vostre orecchie si agitano i soliti serpenti. Perché vi imbarazzate dei serpenti mentre sarebbe così bene ascoltarne i respiri? (Esce).

 

Tutti gli animali fanno cerchio intorno alla lanterna, l’insetto-foglia si lancia sul vetro della lanterna; oscurità, grida di spavento, silenzio, poi in una luce soffusa apparizione del Piede, la pianta rivolta verso il pubblico. Il rinoceronte dà dei colpi con il suo corno, dal basso verso l’alto, lungo la faccia interna del piede. L’alluce si flette lentamente. Riprende la sua posizione normale dopo la partenza del rinoceronte. La lumaca, viene allora a porsi davanti al piede.

 

LA LUMACA. – I. In origine il morso creò il tabacco e l’antracite.

II. Il tabacco era informe e glabro. Le fumate ricoprivano la faccia dei passeggiatori e lo spirito del morso aleggiava sull’alcool.

III. Ora il morso disse: “Che i piombi saltino! Ed i piombi saltarono.

IV. Il morso vide che i piombi ridevano e separò i piombi dalle fumate.

V. Diede ai piombi il nome di amore e alle fumate il nome di odio. E della sera e del mattino fu l’ultimo amore.

VI. Il morso disse anche: “Che la bocca sia fatta in mezzo all’alcool e che separi l’alcool dall’alcool”.

VII. Ed il morso fece la bocca e separò l’alcool che era nella bocca di colui che era al di fuori della bocca. E così fu.

VIII. Ed il morso diede alla bocca il nome di bacio. E della sera e del mattino fu l’ultimo amore.

IX. Il morso disse ancora: “Che l’alcool che è sotto il bacio si raduni in un sol luogo e che l’elemento arido sparisca”. E così fu.

X. Il morso diede all’elemento arido il nome di antracite e chiamò giuramento tutti gli alcool radunati. E vide che ciò era bene.

XI. Il morso disse ancora: “Che l’antracite distrugga la bandiera rossa che esce dalla guaina e le fogne che portano la loro sete in se stesse, ognuna a modo suo. Ed il morso vide che ciò era bene.

XIII. E della sera e del mattino fu l’ultimo amore.

XIV. Il morso disse anche: “Che delle lingue di piombo siano fatte nella bocca del tabacco affinché esse separino l’amore con l’odio e che esse servano da imbuto per mischiare i desideri ed i capricci, gli amori e le passioni;

XV. Che rilucano nella bocca del tabacco e che esse colorino l’alcool”. E così fu.

XVI. Il morso fece dunque due grandi lingue di piombo. Una più grande per presiedere l’amore e l’altra più piccola per presiedere l’odio. Fece anche dei denti.

XVII. E li mise nella bocca del tabacco per splendere sull’antracite.

XVIII. Per presiedere sull’amore e sull’odio, e per separare il piombo dalle fumate. Ed il morso vide che ciò era bene.

XIX. E della sera e del mattino fu l’ultimo amore.

 

La lumaca si ritira. Forte rumore di motore. Il piede sparisce cedendo il suo posto ad un giroscopio in movimento. Quest’ultimo finisce con il cadere e con lo sparire a sua volta.

 

IL FORMICHIERE. –Ve lo chiedo forse per la millesima volta: non spiega temo la natura delle cose.


IL RAGNO. –Sotto questi alberi alita un vento di poesia assolutamente irrespirabile. L’abilità dell’artista che lotta contro la natura sforzandosi di riprodurla somiglierà sempre a quella di quell’uomo che faceva passare le lenticchie da una piccola apertura ed a cui Alessandro, per ricompensare la sua arte, fece consegnare uno staio di lenticchie.


IL RINOCERONTE. –Se questo vento vi soffoca, fate come me. Conosco vicino a qui una piccola palude molto felice (Esce).

 

Apparizione della madrepora (canta):

 

Le scommesse tenute con il contagocce

Raggirano le bandiere dell’istmo

Sul sole con le macchie degli abati

L’imbuto pone le labbra

 

Con criminale attenzione

Sostieni le carte dello stato maggiore

Spingiamo sulla pera di velluto

E si invola dai tumuli trivellati

 

Il marciapiede nasconde le nevi

Promesse all’equatore

Delle scatole di battesimo girevoli

 

Senza rumore sui tappeti di tapioca

I mercati si offuscano pulegge

Di carezze per i vecchi venti


 

La madrepora è sostituita da un cavallo.

 

L’INSETTO-FOGLIA. –Cavallo fiore dei miei nervi, in quale canale ti bagni per diventare verde?

 

Il cavallo sparisce. Al suo posto una testa gigantesca si tiene in equilibrio a terra. Silenzio, gli animali danno segni di nervosismo: il ragno fugge, l’insetto-foglia riprende il suo posto precedente, il canguro salta a destra e sinistra, tutte le foglie cadono, comprese quelle dell’albero genealogico ed il formichiere le spazza con la coda. Solo l’insetto-foglia rimane sospeso ad un ramo sino alla fine della scena. La prima scimmia si lascia cadere sul ventre, le braccia a croce, e rimane immobile. Il secondo si nasconde dietro un albero.

 

SECONDA SCIMMIA. –Ooooooh, cos’è? Oooh, si direbbe un canto di rana. E questa forma che si disegna, è come se fosse riflessa. Andiamo, su, ecco che il fascio di rami rientra nel suolo. Che sabbia!


IL CANGURO. –Le ragazze si lamentano: tutte le gonne invernali sono in pegno per avere del taffettà.


SECONDA SCIMMIA –Ah! La sabbia, la sabbia, l’aria è piena di sabbia. Ah! L’aria è piena di sabbia. Non si riesce più a respirare. Non si sente più che la grande respirazione (grande vento). Ho forse delle spine nelle vene? Non riesco più a respirare. La sabbia. Ecco che gli alberi si liquefanno.


L’ORSO BIANCO (attraversa la scena correndo). –L’ho visto fuggire dai grandi cadaveri polari dai tutti i futuri non compiuti. Viene verso di noi con tutta l velocità delle sue bracciate ondulatorie con nelle sue labbra la sola particella ammirevole dei seni di Venere ed il seme che fa sì che Minerva s’inquieti.


L’INSETTO-FOGLIA. –Qualcosa come una grande anemone sulla quale risplendono i tre colori composti e che è trapassata al suo centro da una gamba umana. (Silenzio). La grande anemone (voce ansimante) sfugge a nuoto dalla sua gabbia sottomarina ed il suo corpo porterà i profumi del nord.


IL CANGURO. –Il macellaio Colin intrattiene la signorina Pelin sulla carne: richiede sempre della culotte.


SECONDA SCIMMIA. –Ma sento odore di peli, di peli che mi sfregano il volto, pungenti. Oh! Ancora. Mi strappano le membra, mi strappano le membra, mi strappano le unghie. Le mie dita, cosa fanno alle mie dita, cosa fanno alle mie dita, cosa fanno alle mia dita? Mi tagliano la pelle. La grande respirazione. Mi tagliano la pelle. Mi strappano i nervi. Chi mi strappa i nervi? La grande respirazione fa delle frecce con i miei nervi! E sempre la sabbia. Non vedo che una cosa appuntita, delle punte che avanzano verso me, che mi entrano nel petto. Oh! Vedo la forchetta, ha un respiro terribile. Nessuno ha l’aria di sapere chi sia. Ah! Il fascio dei rami grida. Quando l’aria esce dai suoi polmoni è sabbia e quando respira si sente la pelle che si stacca dal corpo, la pelle che se ne va. Oh! Il mio corpo si è aperto come una porta. Ooooh, mi strappano lo stomaco. I miei intestini fuoriescono. Oooh, le mie costole si spezzano, sto per morire. (cade come la prima scimmia).

 

Una voce dietro le quinte recita:

 

LA GRANDE ODE AL SILEXAME

 

FUTURA MINERVA

 

La salute virginale dei fiori senza atmosfera è terminata infine oggi 31 marzo 1924.

 

Nel museo della città natale di tutti i poeti le statue antiche sono di zucchero candito. Ma i poeti non si divertono a succhiare i falli di zucchero candito. È te che amano, Silexame, te di cui non si è mai potuto conoscere la natura, Silexame, Silexame, Silexame, Silexame. Se dovessi compararti a cose comuni direi che sei simile a quei prodotti farmaceutici dai nomi soavi: Silexame histogenol, Silexame urodenal, Silexame ermafrodita, Silexame esametillenetetramina, Silexame dietilmalonilurea. Ma nel cuore delle amanti di questi poeti sdegnosi dello zucchero candito c’è:

Un oceano di cloroformio che ha la proprietà di trasformare in bronzo il pancreas dei navigatori defunti. Ma il pancreas, quest’organo di cui dei medici riuniti nei concili religiosi hanno snaturato la portata sociale, non potrebbe accontentarsi delle massime morali che sono state poste sotto il suo nome in catechismi chiamati manuali di storia naturale. Il pancreas dei navigatori, come il pancreas dei poeti, è un blocco di ghiaccio che non si scioglie al calore e che non riflette il viso delle donne. Questo poeta sconosciuto dai popoli neri, questo poeta sconosciuto dalle tribù bianche, questo poeta sconosciuto dagli astronomi, compose, verso il terzo periodo terrestre del sole, la canzone del pancreas di bronzo dei poeti e dei navigatori che non riflette né il viso delle donne né il grado X+1 del termometro centigrado:

“Dormire salute buongiorno. È la canzone del pancreas, salicilato orribile ricordo tutti i profumi sono dei singhiozzi nelle cittadelle dei vostri cervelli. Ci tufferemo più lontano dei blocchi di bronzo. Silexame, Silexame, tu che non sei né la causa né risultante, tu che snaturiamo chiamandoti nulla perché sei anche meno di nulla, meno che meno di nulla ed anche meno che meno che meno di niente. Ispirami la canzone dei pancreas di bronzo. Fiammifero occhio di platino, bello sguardo bella piscina, tutti i filantropi sono morti assassinati da altri filantropi. Ma questi altri filantropi sono stati assassinati dai primi. Non gridate al paradosso, le vergini non hanno pancreas, le donne nemmeno di conseguenza. Ma gli uomini vergini hanno un pancreas e gli altri non ne hanno. È per questo che i poeti ed i navigatori sono vergini ed è per questo che i Silexame sono l’amore dei navigatori e dei poeti”.

Tra il 13° grado di latitudine nord ed il 26° grado di longitudine si trova il gioco di carte dei maelström cosmici. Sul suo cuore il poeta moderno non pone dei marchi di fabbrica.

Il Silexame nella sua tasca, il Silexame al posto del cuore, il Silexame al posto degli occhi, il Silexame al posto dei sensi, il Silexame al posto dei ricordi, il Silexame al posto del sesso, il Silexame al posto dell’ombellico. Se ne va sulla piccola strada se consideriamo la sua larghezza, sulla grande strada se consideriamo la sua la sua lunghezza.

In verità Silexame sei una bella cosa, ma questa ode è degna di te?


Silenzio.

 

Dal fondo della testa sorge Silexame (dalla testa di forchetta, il corpo a conchiglia, braccia ricoperte di foglie. Non lo si vede che allo specchio.

 

SIPARIO

  

 

 

 

 

 

 

 

 

André Breton, Robert Desnos e Benjamin Péret.

 

 

 

[Traduzione di Elisa Cardellini]

 

 

 

 

 

LINK all'opera originale:
Comme il fait beau!

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  • : DADA 100
  • : In attesa delle giuste celebrazioni che vi saranno nel mondo colto per il primo centenario del grande movimento Dada di arte totale, intendiamo parlarne con un grande anticipo di modo che giungendo la fatidica data molti non siano presi alla sprovvista grazie al mio blog.
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  • Amo l'arte in generale, di ogni tempo e cultura storica, soprattutto le avanguardie artistiche e le figure più originali ed eterodosse.
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