Célestin Ugolin (1926) di Georges Ribemont-Déssaignes e l'influenza di Alfred Jarry sul romanzo.

Patrick Bergeron
Cos'è bello? Cos'è brutto? Cos'è grande, forte, debole? Cos'è Carpentier, Renan, Foch? Non lo so. Cos'è io? Non lo so, non lo so, non lo so.
Georges Ribemont-Déssaignes, «Artichauds», in Dada, n° 7, Dadaphone, marzo 1920.
Queste poche righe di Georges Ribemont-Dessaignes (1884-1974) sono spesso state citate allo scopo di illustrare lo spirito di sovversione e quello d'intransigenza che il gruppo Dada portò al loro parossismo. Albert Camus, in L'uomo in rivolta, li aveva in mente al momento di evocare, a proposito della "poesia in rivolta", gli antecedenti dadaisti del surrealismo [1].
Ma non prese affatto la cura di indicare il nome dell'autore del lapidario "non lo so, non lo so", il che lasciava sospettare una tendenza a cancellare Ribemont-Dessaignes come creatore individuale a profitto di Dada e delle sue formule chiassose, come "Dada solleva tutto", "Dada sputa su tutto" o "Sì= no", tra numerose altre [2]. Bisogna ammetterlo: Dada resta debitore a GRD- lo scrittore aveva l'abitudine di farsi designare con le iniziali- in un numero notevole di manifesti, di articoli, di poesie, di drammi ed anche di disegni [3], senza contare gli sberleffi, i massacri simbolici ed altri lanci nella "trappola di Père Ubu [4]", all'interno di un cerchio (GRD fu in tutte le azioni pubbliche di Dada) desideroso di costringere l'assistenza a cambiare atteggiamento, di forzare spettatori o lettori ad abbandonare la sua buona coscienza borghese [5], in breve, di orchestrare degli scandali degni di quelli provocati da Alfred Jarry durante la creazione di Ubu Re nel dicembre 1896 al Théatre de l'Œuvre [6]. Questa (anti-)letteratura, in manifesti e manifestazioni, si metteva in scena per tutto mettere in scena, compresa se stessa. L'opera di GRD, lungi dal perdersi tra quelle dei suoi compagni saccheggiatori, risalta per la costanza e l'efficacia con le quali trasforma l'aggressione in principio estetico e, paradossalmente, creatore.
L'allusione alla "trappola di Padre Ubu" non è casuale. Sull'esempio di questo precursore del dadaismo che fu Jarry, Ribemont-Dessaignes ha enunciato una rabbia nel distruggere tutto, "anche le rovine", che si giustifica alla base per l'immensa repulsione nata dalla Grande Guerra. Il rifiuto categorico, lo slancio distruttore permanente diventavano per GRD la sola legittima risposta da opporre all'incapacità umana di superare ciò che egli stimava formare la soglia delle apparenze, il dominio del falso e del falsificato (l'arte, il linguaggio, la ragione, la morale, la Storia...), nella speranza di liberare un uomo nuovo e di restituire la vita allo stato nascente. Perché la vita, presso questo scrittore che vedeva nell'ambiguità uno dei motori dello spirito moderno e si fece forte nell'elevare la negazione al rango dell'elevazione, è il potere di distaccarsi dalla disgregazione sistematica di tutte le cose: "Vivere supera tutto, vivere sommerge tutto" [7]. Georges Ribemont-Dessaignes si impegnò in pieno nella ricerca di questa vita che batte ancora quando tutto è finito, quando tutto ciò che può essere ucciso è stato ucciso. La parola d'ordine enunciata da Dada è senza concessione: "Distruggere un mondo per sostituirlo con un altro, dove nulla esiste" [8]. La logica soggiacente si richiama al nulla ed alla sua paradossale pienezza; per esprimerlo, lo scrittore ha impiegato fantasiose immagini, soprattutto in Célestin Ugolin, quella delle mosche che depongono le loro uova nell'occhio di un topo morti [9]. Così le righe del manifesto "Artichauds", citate sopra, fanno parte dei testi denotanti il posto ancora timido, ma tuttavia concreto, che spettano di diritto a Ribemont-Dessaignes nella storia letteraria del XX secolo francese.
Ironicamente, allo stesso tempo che le riedizioni relativamente recenti presso Allia, Ivrea e Jean-Michel Place rendono i suoi libri più accessibili al lettore di oggi, GRD rimane misconosciuto, a dispetto di un'attività e di un'opera la cui abbondanza può sorprendere. Questo disconoscimento sembra soprattutto esercitarsi più duramente nel Ribemont-Dessaignes romanziere. Mentre i dadaisti, nella loro maggioranza, seguiti dai surrealisti, disprezzavano il romanzo come genere, con il pretesto che esso "distrugge il senso dell'eventuale [10], è paradossalmente la parte romanzesca dell'opera dessaignana che offre la più netta testimonianza della sua produttività- e forse anche della sua qualità di scrittore. Franck Jotterand ha contato una dozzina di titoli tra il 1924 ed il 1947, tra i quali Monsieur Jean ou l’amour absolu (facciamo notare la strizzatina d'occhi a Jarry), che valse al suo autore il premio des Deux Magots nel 1934 [11].
Célestin Ugolin, del 1926, il testo che poniamo al centro del nostro studio, può, secondo Albert Ayguesparse "essere considerato il primo grande romanzo di Ribemont-Dessaignes", per "un modo archetipico" [12]; vi ritroviamo i temi principali cari a GRD romanziere, che analizzeremo più avanti, così come la logica iconoclasta e provocatrice attraverso la quale l'ispirazione appare evidente, soprattutto nel modo in cui Céleste Ugolin confina nell'assurdamente assurdo (GRD apprezzava i raddoppiamenti: testimoni, il Cinese chiamato Nu-Un ed il vulcano Volcan nell'Autruche aux yeux clos [Lo struzzo dagli occhi chiusi], o la città di New-New ed il personaggio del Signor Mosè Mosè in Le Bar du lendemain[Il Bar del giorno dopo], così come all'assolutismo irrazionale, arbitrario e crudele, secondo l'immagine del "Guignol-Tiranno" che ne proponeva Rachilde [13], altrettanti aspetti culminanti nell'immaginario ubuesco.
Apparso lo stesso anno di Moravagine e Le paysan de Paris, Céleste Ugolin è centrato su un eroe in situazione di perpetua evasione: "È la storia di un personaggio che tenta di staccarsi da tutto e giunge anche a guarire dall'amore, riassume GRD. Percorre un ciclo che lo riconduce diabolicamente alla società e lo distaccherebbe sentimentalmente dalla vita se, il mattino della sua esecuzione capitale, non si rivoltasse accanitamente davanti alla morte" [14]. Ecco dunque, alcuni anni prima di Lo Straniero e Caligola, un tracciato disperato che riassegna ben al di qua di ogni speranza il ciclo degli atti della vita in cui gli eroi dessaignani tentano, fallendo la maggior parte delle volte, di situarsi, trovarsi un contegno.
Malgradociò, trent'anni dopo la sua morte, GRD è lungi dall'aver conservato la stessa attenzione presso i lettori e la critica di un buon numero dei suoi amici e collaboratori vicini, fossero Tristan Tzara, Philippe Soupault, Robert Desnos, Jacques Prévert o Raymond Queneau. La sua opera è sicuramente sconcertante, Célestin Ugolin ne è ampiamente testimone; ma essa chiarisce il percorso di un libero pensatore che seppe rimanere fedele allo spirito negatore di Dada (che ebbe vita breve: 1916-1922), senza tuttavia lasciarsi racchiudere (non più che nella "centrale surrealista", di cui non fu che un semi membro [15]), perché, come l'autore ha egli stesso spiegato in Déjà Jadis [Diggià un dì] del 1958, Dada rinviava ad un contesto di fermentazioni collettive, e GRD non era il solo a constatare la necessità di spingere la trasformazione dei valori sino alla loro dissoluzione completa. Ma anche, GRD ha concepito questo progetto di demolizione universale anche prima i raggruppamenti zurighesi del 1916 dove nacque (nominalmente) Dada, durante la sua mobilitazione al ministero della Guerra, un periodo coincidente con la genesi di L'Empereur de Chine [L'Imperatore della Cina], opera teatrale "proto-Dada" ed improntata all'ispirazione alla Jarry. Si tratta dunque di uno spirito di negazione scaturente da una singolare personalità di scrittore.
Vedremo che il riferimento a Jarry, applicato all'intera opera di GRD ed a Céleste Ugolin più in particolare, riveste un'importanza capitale; essa ci aiuterà a gettare nuova luce sull'opera di un romanziere marginale che tuttavia non ha nulla da invidiare ai Cendrars, Aragon e Soupault. In fondo, l'inventore di Padre e Madre Ubu e di Faustroll ha fortemente contribuito ad aprire una via all'interno della quale GRD ha situato l'essenziale della sua attività letteraria. Illustrando l'influenza di Jarry nel romanzo, Céleste Ugolin presenta inoltre l'interesse di contenere un'evocazione, volentieri satirica, della vita letteraria parigina ai prii tempi del surrealismo [16], la quale potrà facilmente essere messa a profitto nella prospettiva che si dà il presente studio.
Jarry, GRD, Dada
L'uso delle nozioni di "ubuesco" [ubuesque] e di "patafisica" nel linguaggio corrente sembra più che altro nuocere alla conoscenza dell'opera di Jarry come lo fecero quelle di "sadismo" e di "masochismo" per i libri del marchese de Sade e di Leopold von Sacher-Masoch. Questa banalizzazione ha per effetto di aggiungere al numero degli autori ridotti ad un preteso sistema estetico specifico- gli "ismi" a proposito dei quali ironizzava Dada-, senza apparentemente necessitare di lettura seria, e partendo da lì, minaccia di troncare i dati della sua ricezione, se non di votare il testo ai pregiudizi o all'oblio. È per questo che alcune considerazioni sulla natura dell'influenza di Jarry ci sembrano necessarie.
Alfred Jarry o dell'esistenza letteraria
Di recente, Michel Décaudin [17] ricordava a qual punto la ricezione di Jarry ha favorito gli stereotipi. Già i testi di amici e dei primi biografi o incensatori- che si tratti di Rachilde, di Paul Chauveau o di Apollinaire. tendevano ad associare l'uomo al personaggio, "questo strano personaggio, scive la scrittrice di Hors nature, che giocava con se stesso la commedia di un'esistenza letteraria spinta sino all'assurdo" [18]. Di colpo, gli stessi aneddoti concernenti le battute, gli scherzi e le stravaganze di Jarry si vedevano ripetute, in modo da congelare lo scrittore nella pelle, ad esempio, di "quello dal revolver", per riprendere l'espressione di André Breton [19]. Una tale evocazione, spinta all'estremo, ha potito dar luogo al celebre ritratto di agitatore incluso in Les Faux-monnayeurs(1925), Gide essendo stato tra i primi oppositori del tipo ed alla drammaturgia di Ubu.
Per l'essenziale, negli anni che seguirono la sua morte (nel 1907), Jarry ha lasciato l'impressione di un personaggio di umorista che giocava a freddo con l'insolito, diffidente della minima scala di valori, preconizzando l'assurdo sino alla bestialità e personificando l'anticonformismo assoluto nel suo pensiero e nella sua vita quotidiana; vivendo l'amalgama dell'erudito e dello sportiva (ciclista), abitante fantastico di una bicocca chiamata "il tripode", offriva l'immagine di un essere che si autodistruggeva nell'assenzio, chiamato a morire prematuramente (a trentaquattro anni), oberato dai debiti ed incompreso perché radicalmente avanguardista.
Questa figura di scrittore mistificato dalle sue eccentricità ed il suo "destino di parossista" [20] ha l asua importanza nella ricezione dadaista di Jarry. Ma rischia di alimentare un'ingiustizia: Ubu Ree per estensione il "ciclo di Ubu" non sono che la parte emersa dell'iceberg, l'opera di Jarry, composta di altri lavori, poesie, romanzi, saggi, che si rivela essere molto più estesa. Tutto indica che Tzara, Ribemont-Dessaignes e Breton, per non citare che loro, avevano letto, per lo meno preso conoscenza della maggior parte dei testi di Jarry. In Alfres Jarry, iniziatore e chiarificatore, del 1951, saggio breve sul giudizio "poco fallibile" di Jarry in materia di pittura, Breton si mostra formale: "non si potrebbe ammettere più a lungo che tutto ciò che ha espresso di altroJarry sia sacrificato al gusto che ha segnato- e illustrato come nessuno- per il teatro Guignol" [21].
Nello stesso ordine di idee, André Rolland de Renéville, nel saggio su padre Ubu compreso in L'univers de la parole [L'Universo della parola], del 1944, spiega come, da Minutes de sable mémorial a L'amour absolu, il pensiero di Jarry gli sembra essere fiorito. Henri Pastoureau, quando apparvero al Mercure de France nel 1949 delle poesie ritrovate di Jarry, situò questi inediti in rapporto ad altre opere nelle quali il "maestro occulto" aveva rivelato il suo "genio poetico" [22].
Inoltre, a credere a Décaudin, l'opera di Jarry, innegabilmente complessa, sarebbe meno diversificata di quanto non appaia. Décaudin denuncia infatti due inganni diffusi: l'assimilazione "Jarry=Ubu", sul modello flaubertiano "Madame Bovary, c'est moi", così come lo sfaccettamento di Jarry in molteplici volti non forzatamente apparentati tra loro, il che Breton deplorava già in questo modo: "sarebbe più che tempo di far cadere la maschera intonacata di "Coboldo" o di "Clown" che Gide ed altri che non l'apprezzavano [...] hanno attribuito a Jarry" [23].
Certo, da Ubu tiranno a Ubu incatenato il percorso ha di che sconcertare; jarry, descrivendo l'aspirazione al potere che cede il posto ad un desiderio di schiavitù, esprime la convinzione (dadaista ante litteram) che la libertà può essere tanto futile quanto la tirannia. Ecco un indice di continuità da parte di uno spirito iconoclasta. Décaudin invoca a questo proposito l'unicità dell'autore e la coerenza della sua opera, entrambe misurabili attraverso una lettura parallela dei testi; lo stesso principio si applicherà, per noi, con GRD. Ma può rivelarsi utile di determinare anticipatamente ciò che vuol dire "erede di Jarry", non tanto in teatro (questa domanda essendo stata abbondantemente discussa, delle indicazioni sommarie basteranno) che nel romanzo- un aspetto della fortuna di Jarry che ha, molto stranamente inoltre, poco ritenuto l'attenzione degli specialisti.
Ricezione esplicita e implicita
Una vasta parte della ricezione di Jarry, nel primo mezzo secolo, presenta un carattere esplicito: è il riconoscimento diretto attraverso eredi letterari, ammiratori, imitatori o continuatori. Molti sono artisti plastici (pittori, scultori, illustratori): pensiamo a Ubu Imperator (1923) di Max Ernst, al Ritratto di Ubu (1936) di Dora Maar o a l'Ubu re (1966) di Joan Miró, senza contare i ritratti di Escaro, Picasso, Man Ray o Georges Rouault. Jarry, a cui si debbono numerose illustrazioni del suo re fantoccio, è l'iniziatore di questa voga iconografica.
L'eredità diretta di Jarry è particolarmente evidente in ciò che concerne il teatro d'avanguardia. Jarry a rimesso in causa le fondamenta stesse della drammaturgia regnante nella svolta del secolo, come sostiene Jean-Marc Rodrigues: In opposizione ai principi naturalistici, Jarry si aspetta dal teatro che esso favorisca l'irruzione dell'irrazionale per mezzo di una semplificazione scenografica spinta sino all'astrazione, "tela non dipinta" o gioco di luci. Proposta scenografica che riprenderà Albert-Birot nel sui "théâtre nunique" (1917). Allo stesso modo, l'attore sparisce dietro una "voce di ruolo" e dietro una maschera [...]. L'unità profonda di Ubu è di rovinare ogni analogia con il reale servendosi del grottesco. E così, la procedura proclamata di Jarry è tutta contenuta in questa risposta dell'Ubu incatenato: "Poffarbacco! Non avremo distrutto nulla se non avremo distrutto le rovine stesse!
Rivoltando come un guanto tutti i valori, passandoli tutti al settaccio della buffoneria e della derisione si tratta di porre in disagio ciò che Jarry chiama la folla "affinché si riconosca dai suoi grugniti d'orso dove è e come sta messa" (Questions de théâtre).
Opere come L'Imperatore di Cina, Il canarino muto [Le sérin muet] e Il boia del Perù [Le bourreau du Pérou], considerate esemplari del teatro dada, prolungando questo spirito di linfa radicale, di "Decervellamento" generale. Pensiamo all'inizio dell'ottava scena del terzo atto di L'imperatore della Cina, molto chiaro a questo proposito:
Esplosioni. Grida. Massacro.
VERDETTO
Uccidere, uccidere.
[...]
Distruzione di ciò che è bello, buono e puro.
Giacché il bello, il buono e il puro sono marci.
Più niente da fare di tutto 'sto marciume.
[...]
Radere, radere, radere. Esplosione di cervelli.
A nudo , a nudo. [25]
La furia mortale del despota Espher o del boia il signor Victor, così come la ronda dei Clown Ironie e Équinoxe (che affermano alternativamente il "sì" ed il "no"), non sono che alcuni degli elementi attraverso cui affiora l'ispirazione di Jarry. (Possiamo pensare anche al fatto che GRD sembra essersi servito della Cina [26] e del Perù nello stesso spirito di Jarry per la Polonia, il "nessuna parte" di Ubu Re, cioè alla maniera di un quadro referenziale posto a dei fini puramente di fantasia. Lo stesso principio si applica, nel romanzo, con il messico (di cui una città ed un aprovincia si chiamano "Metempsico") ed il tandem bellicoso Serbia-Bulgaria in Lo struzzo dagli occhi chiusi o il continente americano in Le bar du lendemain [Il bar del giorno dopo], con la sua New York ribattezzata "New-New" e la sua "Terra di Bafflin" come paese degli Esquimesi).
Quando Ribemont-Dessaignes intraprese il suo teatro pre-dadaista, veros il 1915-1916, Ubu regnava, dall'inizio del secolo. L'autore di Céleste Ugolin se ne ricorderà, nel 1958, in Déjà jadis: "Uno degli uomini la cui l'influenza si esercitò, visibile o invisibile, sullo stato artistico di un periodo che possiamo situare tra 1905 e l'anteguerra del 1939, ma soprattutto tra il 1905 ed il 1925, fu Alfred Jarry" [27]. Sotto i motivetti della Belle Époque, spiega a questo proposito Franck Jotterand, si scopriva la crudeltà degli uomini che portavano il fior del progresso all'occhiello e le tasche piene di coltelli. Jarry, sul piano poetico, era stato "il passaggio misterioso dalla mistificazione al mistero". Fu anche, prima di Tzara, la negazione ed tutti i valori, il 1914 gli diede ragione [28].
Ritroviamo qui l'argomento, che abbiamo evocato poco fa, dei fermenti collettivi di Dada; l'ispirazione jarryica vi si inserisce perfettamente. In tutta evidenza, l'opera dessaignana è disseminata di allusioni dirette o discrete all'opera di Jarry, dalla poesia Chandelle Verte al romanzo Monsieur Jean ou l'amour absolu, a cui facevano riferimento precedentemente. Ma sarebbe inutilmente laborioso repertoriare tali tracce. La ricezione implicita di Jarry dà luogo ad un campo senza dubbio più sottile, ma sicuramente più fertile: si applica all'instaurazione di un clima propizio alle sperimentazioni testuali ed ai cambiamenti riguardanti i fondamenti concettuali.
Artaud e Vitrac hanno fondato il teatro Alfred-Jarry (1926) con questo spirito; Pierre Albert-Birot concepì il Manifeste pour un théâtre nunique(1916) e Tzara Coeur a gaz(1921) in questa vena sperimentale, incentrata sulla sconcertante esplorazione delle risorse del linguaggio.
L'opera di Jarry, tutti i generi compresi, si erigerebbe allora allo stesso rango di quelle di Lautréamont e di Rimbaud per la sua potenza poetica Tzara insisteva sulla portata della poesia in Jarry: "È essa ad essere alla base di ogni speculazione immaginativa, che dà nascita alle costruzioni spirituali di cui Jarry ha edificato un universo sorprendentemente nuovo [29]", se non è il suo "linguaggio litigioso (...) senza valore di scambio immediato", come faceva notare Breton a proposito dell'Haldernablou [30].
Come, ad esempio, la "Corsa delle diecimila miglia" (Le Surmâle) e la "Battaglia di Morsang" (La dragonne), testi che provano, secondo Breton, che il "suo genio innovatore (...) non è mai stato superato e nemmeno eguagliato [31]", Jarry ha aperto la strada ad una concezione ultramoderna della letteratura: nulla di ciò che è stato distrutto ai tempi di Dada da mille forze oscura non ha mai più potuto ricostituirsi con la coscienza di una forza reale, scrive Ribemond-Dessaignes. L'estetica si ferma al 1900 e fa ridere come un pacchetto di tagliatelle pietrificate [32].
Jarry ha voltato una delle ultime pagine del simbolismo (che i dadaisti pretendevano rinnegare [33]) ed inaugurato nuove strade, orientate in avanti (l'azione del Surmâle, romanzo scritto nel 1902, si svolge significativamente nel 1920). Il frequente accostamento di Jarry con Rabelais e Shakespeare traduce senza equivoco l'impressione, espressa da qualcuno [34] che l'autore ha segnato la sua epoca con il suo sigillo.
Così l'influenza jarryca supera una via iconoclasta che attraversa il dadaismo, il futurismo, l'esprit nouveau, il surrealismo, l'estetica del "Grand Jeu", i teatri della crudeltà e dell'assurdo, sino all'OuLiPo... Nel mondo simbolista in cui viveva, si domanda Tzara, chi avrebbe potuto apprezzare o anche capire Les minutes de sable mémorial, César-Antéchrist, L'amour absolu, queste opere che superano la loro epoca- e di molto? C'è voluto il Cubismo, Dada ed il surrealismo affinché questi libri magnifici apparissero nella scintillante luce del pensiero che essi nascondono [35].
Senza la "drôle de guerre" [guerra stramba], sarebbe andata diversamente; l'influenza di Jarry passa per una mania distruttiva sostenuta da un pessimismo mantenuto inalterati sul filo degli avvenimenti di mezzo secolo. Non torna a galla, dopo la seconda guerra mondiale, all'interno della "Conversazione" tra Geirges Ribemont-Dessaignes e Queneau riportata in Bâtons, ciffres et lettres? "Siamo in un momento in cui tutto è rimesso in questione una volta ancora", osserva Ribemont-Dessaignes, "ma in un modo talmente grave e così, sembra, che il mondo intero risente di questa crisi in cui il morale ed il materiale sono terribilmente legati... La vita è assurdo, si dice. Eppure viviamo [36]".
In Lo struzzo dagli occhi chiusi, l'autore aveva riso della "Der des ders"*, camuffata sotto la sua penna in "guerra serbo-bulgara". Descriveva, infatti, dell'avvelenamento di una situazione a ferri corti nei balcani, in cui i popoli sembravano colpiti da "cancrena", i governi si sputavano in faccia al di sopra delle frontiere, mentre i re si occupavano di feste, cacce e riviste [37]; questa geopolitica è una delle più ubuesche. In quanto eredi di Jarry, Ribemont-Dessaignes ed i suoi compagni dadaisti, non hanno assunto il ruolo di continuatori in carica (Dada, distruttore di idoli, restava prudente in tema di ammirazione), anche se L'Imperatore della Cina, lo abbiamo appena evidenziato, segue da molto vicino il modello ubuesco. I dadaisti non hanno ad ogni modo seguito Jarry così strettamente come un Ambroise Vollard (1886-1939), iniziando una tendenza che sembra proseguire sino ai nostri giorni, in Robert Florkon, con il suo Ubu pape, pièce en cinq actes [Ubu papa, commedia in cinque atti] del 1989, o Patrick Rambaud, autore di Ubu président ou l'imposteur, farse justicière [Ubu presidente o l'impostore, farsa giustiziaria], 1990.
Collezionista e mercante d'arte dell'isola Riunione, editore e scrittore, amico di Jarry, Vollard riprese per conto suo il personaggio di Père Ubu in La politique coloniale du Père Ubu, [La politica coloniale di Padre Ubu], (1919), Le Père Ubu au pays des Soviets, [Padre Ubu nel paese dei Soviet], 1930, e Réincarnations du Père Ubu, [Reincarnazioni di Padre Ubu], 1932. Ma egli si atteneva soprattutto ad un'immagine stereotipa del personaggio ed i surrealisti preferiranno un approccio più profondo e poù ambiguo dell'usurpatore del trono di polacco ("Vista l'ampiezza di questo sguardo, scrive Breton, il tutto sarebbe di restituirlo alla sua vera luce interiore" [38]); essi fanno riferimento ad un'immagine più conforme a quella che è suggerita nell'opuscolo-programma edito dalla rivista La Critique per il Théâtre de l'Œuvre: "Monsieur Ubu è un essere ignobile, è per questo che ci somiglia (in fondo) a tutti. Assassina il re di Pologna (è colpire il tiranno, l'assassinio sembre giusto a delle persone, che è una parvenza di atto di giustizia), poi, una volta re massacra i nobili, poi i funzionari, poi i contadini. E così avendo ucciso tutti, ha sicuramente epurato qualche colpevole e si manifesta l'uomo morale e normale" [39].
Una sequenza di Lo struzzo dagli occhi chiusisegue pressappoco questa logica di autocrazia epurativa ed arbitraria. È quella in cui Estelle de Malabar- avatar dessaignano di Madre Ubu- fomenta una nuova rivoluzione messicana ed in cui il Dr Venise diventa dittatore, prima di essere a sua volta cacciato dal potere dall'esercito del Chihuahua y Aragon e di finire legato ad un orinatoio (un'allusione alla controversa "Fontana" di Duchamp?). Indubbiamente, il politico è trattato in modo buffonesco. Il "Maresciallo" Venise decreta otto giorni di lutto per l'esercito- un esercito in cui tutti sono generali- a causa di un carico avariato di sacchi di bromuro di potassio; durante il suo governo, delle leggi sono promulgate e delle infrazioni represse che traducono una tirannia del gusto propriamente ubuesco [40].
Così, per l'essenziale, i dadaisti sono dei fedeli di Jarry. Al Cabaret Voltaire, durante la geurra, Hans Arp leggeva degli estratti di Ubu Redurante le serate dada. Tzara collezionava i manoscritti di Jarry, Picasso pure. Per questi scrittori e questi artisti, Jarry era un ispiratore; egli occupa a questo scopo un posto scelto, ma, bisogna riconoscere, non esclusivo. Egli si aggiunge ad un gruppo di modelli includenti Rimbaud e Lautréamont come poeti della rivolta; Bakunin, Stirner e Kropotkin come teorici dell'anarchia nichilista; Schopenhauer e Nietzsche come filosofi dell'assurdo; Sade come rivoluzionario dell'amore e della libertà psichica...
Jarry, per la sua feroce indipendenza di spirito, ha ispirato la generazione Dada sul piano dell'esistenza letteraria. In ogni circostanza sembrò loro avesse agito per derisione. Egli ha personificato l'aggressione letteraria perpetrata contro tutti e tutto. Il suo atteggiamento selvaggio, presto imitato da Apollinaire (Rachilde, che descriveva Jarry come "uomo dei boschi", racconta che una domestica aveva l'abitudine di chiamarlo "l'indiano"), sarebbe un modello per la rivista di Picabia, 391, come mostra uno degli articoli di Ribemont-Dessaignes, intitolato "Non-seul plaisir" [No-solo piacere], e che è una violenta offensiva contro "l'Arte [...] grande finzione degli uomini autosuggestionati": non c'è rimedio. Il rimedio sarebbe una tovaglia di petrolio infiammata. Civilizzati e pretendenti alla civiltà, sotto il puro consumo (...). C'è un modo di rimediare all'assenza di rimedio. È quello di spingere la massa al fanatismo distruttivo, all'incomprensione di tutto ciò che è "elevato". Quando l'artista non potrà più uscire senza aver la guancia coperta dagli sputi e l'occhio cavato, sarà l'inizio di un'era fresca e felice [41].
La dichiarazione è astiosa e tenta ogni mezzo per raggiungere lo scopo; niente e nessuno è stato risparmiato, nemmeno il franco tiratore, poiché è la demolizione obbligatoria che si esprime.
Patrick Bergeron
(Segue)
[Traduzione di Elisa Cardellini]
NOTE
[1] Ecco cosa scriveva Camus: "Macchina per ribaltare lo spirito, secondo Aragon, il surrealismo si è formato dapprima nel movimento 'dada' di cui egli fa notare le origini romantiche ed il dandismo anemico. L'assenza di significato e la contraddizione sono allora coltivati per se stessi". "I veri dada sono contro Dada. Tutti sono direttori di Dada". O ancora: "Cos'è bene? Cos'è brutto? Cos'è grande, forte, debole... Non lo so! Non lo so!" Questi nichilisti da salotto erano evidentemente minacciati di fornire come servi le ortodossie più strette. Ma c'è nel surrealismo qualcosa di più di questo non conformismo da parata, l'eredità di Rimbaud [...]" [L'uomo in rivolta, 1951, Tr. it., Milano, Bompiani]. Questo passaggio comprende una nota: "Jarry, uno dei maestri del dadaismo, è l'ultima incarnazione, ma più singolare che geniale, del dandy metafisico".
[2] Georges Ribemont-Dessaignes, Dada, 1994, p. 31.
[3] Jean Pierre Begot ne ha riunito il maggior numero nella voluminosa raccolta (636 pagine) Dada, edito da Ivrea.
[4] Georges Ribemont-Dessaignes si serve di questa espressione in Déjà jadis o Du mouvement Dada à l’espace abstrait [Dal movimento Dada allo spazio astratto, 1973, p. 81. Tra gli esemplari più noti, si può evocare la violenta requisitoria che Ribemont-Dessaignes ha redatto durante "l'affare Barrès". Vedere Dada, op. cit., p. 33-41, ed anche il dossier di Marguerite Bonnet, L’affaire Barrès, 1987.
[5] Non dobbiamo pensare che alla dichiarazione di GRD citata da Hans Richter in uno dei suoi libri maggiori sul movimento Dada: "Era necessario di far capir loro [ai borghesi] che eravamo contro la Cultura, e che non ci ribellavamo soltanto contro l'ordine borghese ma contro ogni ordine, ogni gerarchia, ogni sacralizzazione, ogni idolatria, poco importa l'idolo" (Dada. Art and Anti-art, 1978, tr. it.: Dada. Arte e antiarte, Mazzotta, Milano, 1974).
[6] I fatti essendo ben noti a proposito di questa nuova "battaglia di Ernani", ci accontenteremo di rimandare il lettore al capitolo "Ubu Re" del libro di Rachilde Alfred Jarry ou le surmâle des lettres, 1928, p. 76-89. In Dada. Arte e Antiarte, op. cit., Richter riporta che durante il venticinquesimo anniversario del tumulto che accompagnò la prima di Ubu Re, una grande serata dada è stata organizzata al Thèâtre de l'Œuvre. Lo scandalo del 1896 era, benché prevedibile, improvviso, mentre questa volta, tutto è stato pianificato accuratamente. I dadaisti hanno organizzato un vero spettacolo di varietà nel quale apparivano, invece di ragazze svestite, i Breton, Soupault, Dermée ed altri, completamente vestiti e che recitavano le loro opere. Il programma includeva La première aventure céleste de M. Antipyrine, di Tzara, che gli era già valso del successo a Zurigo, Le serin muet di Georges Ribemont-Dessaignes, S'il vous plaît di Breton e Soupault, Le ventriloque désaccordé di Paul Dermée e il Manifeste cannibale dans l'obscurité di Picabia. Poiché Picabia non apparve mai di persona- Georges Ribemont-Dessaignes lo accusò di "codardia fisica"-, è Breton che eseguì la lettura del suo manifesto.
[7] GRD, citato in epigrafe da Jacqueline Leiner, "Prefazione", nella sua riedizione di Bifur, 1976, p. V. Questa citazione riveste una portata particolare una volta che la si accosta all'ultima frase di L'autruche aux yeux clos, 1993, p. 170: "Si trascorre veramente la propria vita ad attendere la morte, ma è molto facile vivere".
[8] Georges Ribemont-Dessaignes, Déjà jadis, op. cit., p. 116-117. Questa affermazione servi a GRD per differenziare i sostenitori di Dada dai surrealisti (per cui "nulla esisteva, tranne..."- tutto si gioca nella proposizione tranne). Possiamo notare inoltre, nei confronti della Grande Guerra, ciò che ne diceva André Breton: "Noi che, nel corso di questa guerra, avevamo vent'anni, cioè l'età in cui si sistematizza la propria vita, diovemmo, facendo ciò, tenere conto di realtàimplacabili. Per non provarne dispiacere fummo indotti a non attribuire che poca importanza a tutte le cose. Venimmo a chiedere ai nostri poeti, ai nostri filosofi lo stesso sacrifici. A tale assalto del ragionevole, nessuno meglio di Jarry riuscì a resistere" (Alfred Jarry, in: Les pas perdus, 1969, p. 42-43).
[9] Georges Ribemont-Dessaignes, Céleste Ugolin, 1993, p. 62.
[10] Vedere Jacqueline Chénieux-Gendron, Le temps et le possible, Le surréalisme et le roman (1922-1950), 1983, p. 71-85. Ricordiamoci della condanna di Breton: "Malgrado le sue pretese, un romanzo non prova mai nulla" (André Breton, Pour Dada, in Les pas perdus, op. cit., p. 74). Nelle sue Mémoires de l’oubli (1923-1926), 1986, p. 78, Philippe Soupault, che , come Aragon, apprezzava e praticava il genere romanzesco, si ricorda, per l'anno 1923, della sua "pubblicazione provocatrice di due romanzi, Le bon apôtre e À la dérive. Inoltre, Jacqueline Chénieux spiega che "sin dal primo Manifesto, l'esclusione del romanzo lascia dietro di sé, come dei riquadri di resistenza, delle personalità di valore (Knut Hamsun, Apollinaire, che fu anch'egli narratore, Swift, Sade, Chateaubriand, Benjamin Constant, Hugo, Aloysius Bertrand, Edgar Poe, Alfred Jarry) e, inoltre, un marchio di qualità, il meraviglioso" (Le surréalisme, op. cit., p. 13).
[11] Franck Jotterand, Georges Ribemont-Dessaignes, 1966, p. 187. Nella prefazione di Georges Ribemont-Dessaignes, Adolescence, 1989, p. 19-20, Jacques-Elie Moreau evoca un testo che potrebbe essere il tredicesimo romanzo di Mémoires et Voyages imaginaires, rimasto inedito, "diciasette quaderni scolastici pieni di scrittura minuta".
[12] Albert Ayguesparse, Pour saluer Georges Ribemont-Dessaignes[Per salutare Georges Ribemont-Dessaignes], 1973, p. 4.
[13] Rachilde, Alfred Jarry ou le surmâle des lettres, op. cit., p. 81.
[14] Georges Ribemont-Dessaignes, Autobiographie, in: Bulletin bimensuel du groupe libre de Bruxelles, dicembre 1926, ripreso in: Dada, op. cit., p. 576.
[15] Sappiamo che GRD si allontanò dal gruppo presieduto da Breton prendendo parte per "le Grand Jeu". Sarebbe facile riconoscere André Breton sotto i tratti di André Vésuve, il "poeta sostenitore di Céleste Ugolin (benché Gilles Losseroy sia invece dell'avviso che si tratti di un doppio di Albert Gleizes). Sia quel che sia, GRD testimonia a momenti una vera animosità nei confronti del surrealismo e del suo "papa", come testimonia questa eufemizzazione del movimento: "Una piccola costola di Dada, ecco cos'è i surrealismo" (À propos du surréalisme, in: Dada, op. cit., p. 279). Vedere anche Papologie d’André Breton, (ibid., p. 365-366).
[16] Questa evocazione corrisponde da una parte all'apparizione dei pittori Picasse e Picape (in cui è facile roconoscere Picasso e Picabia), e d'altra parte al gruppo degli abitué del Sein d'or (nome che richoama "la Sezione aurea"), caffè frequentato da prostituti maschi (che vivono dei loro sogni) e femmine (che vivono del loro corpo). Questo raggruppamento compone un campionario d'umanità al sapore Dada: "Un'ignobile cantina fredda e malsana frequentata da puttane, ladri, assassini, magnaccia, maniaci, curiosi- di molta curiosità- anche delle vergini- ma tutti poeti a causa della fessura attraverso la quale scorre la fede, l'amore e la certezza meglio stabilita e da cui penetra un odorino spaventoso, quello che esce dalla bara", (Georges Ribemont-Dessaignes, Céleste Ugolin, Op. cit., p. 28-29). Il testo li presenta come "veri poeti", ma che fuggono la poesia (come se fosse putredine) a profitto "della idraulica, vecchi stracci, della prostituzione, della politica, del furto con scasso, della Borsa, dell'ebbrezza, delle corse..." (p. 30). Questi "antipoeti" sono legati tra di loro dalla "negazione" (p. 116), sono dei "dilettanti della dissoluzione" (p. 142), ma il romanzo racchiude poche allusioni alla loro opera, tranne la menzione della loro rivista dedicata a dei soggetti tecnici. Tutti insieme, compongono una distraente fauna surrealista (GRD si è d'altronde ispirato, nei loro confronto, ad aneddoti reali del portafoglio trovato e di una lettera anonima ostile): André Vésuve, poeta protettore ed eventuale editore dei quaderni di Ugolin; Pate, che confeziona minuscoli oggetti creati da molti parti e si affilia al partito comunista; Florimond Casque, inventore di "un'arte inarticolata da idiota fatta di rutti di fischi bagnati, di borborigmi"; Paul Oriza, che, sotto forma di poesia, pone le sue labbra su una foglia e vi lascia il loro segno (p. 117)... La raccolta di questi "prostituti maschi" al Sein d'or è presentata come un intermezzo delizioso, prima che non debbano un giorno fuggire dalla libertà.
[17] Vedere Michel Décaudin, "Prefazione" in Alfred Jarry, Oeuvres, 2004, p. VII-XIV.
[18] Rachilde, Alfred Jarry ou le surmâle des lettres, op. cit., p. 11.
[19] André Breton, Alfred Jarry, in Anthologie de l’humour noir, [Antologia dello Humour nero, Einaudi, Torino, 1971]: Come ha egli stesso detto: "Redon - quello che mistero "o" Lautrec quello che manifesto [affiche], si dovrebbe dire: Jarry, quello che revolver".
[20] L'espressione è di Rachilde, Alfred Jarry ou le surmâle des lettres, p. 210.
[21] André Breton, La clé des champs, 1991, p. 309.
[22] Henri Pastoureau, "La revanche de la nuitpar Alfred Jarry » (paru en juillet 1949, repris dans Ma vie surréaliste, 1992, p. 138-141).
[23] André Breton, La clé des champs, op. cit., p. 309.
[24] Jean-Marc Rodrigues, XXe siècle, 1988, vol. I, p. 86-87. Jarry avait exposé ses idées dans un article publié par le Mercure de France en septembre 1896, « De l’inutilité du théâtre au théâtre » : refus du décor, suppléé par des écriteaux indiquant les lieux, utilisation étendue des accessoires (une table ou une chaise peuvent tenir lieu de fenêtre ou de porte), port de masques par les acteurs à l’effigie du personnage interprété et recours à la « voix du rôle » ainsi qu’à des jeux de lumière pour nuancer l’expression des masques.
[25] Georges Ribemont-Dessaignes, L’Empereur de Chine, dans Théâtre, 1966, p. 118.
[26] En ce qui concerne le chronotope de la Chine, on peut consulter le texte de Georges Ribemont-Dessaignes, « La Chine et les nations », dans Dada, op. cit., p. 569-571. En outre, il est possible de voir dans L’Empereur de Chine un clin d’oeil au conte d’Andersen, Le rossignol de l’empereur de Chine, l’oiseau comptant, avec le singe, parmi les bêtes préférées de GRD dans son « bestiaire surréaliste ».
[27] Georges Ribemont-Dessaignes, Déjà jadis, op. cit., p. 26.
[28] Franck Jotterand, Georges Ribemont-Dessaignes, op. cit., p. 45.
29 Tristan Tzara, « Alfred Jarry », dans OEuvres complètes, 1975-1982, vol. 5, p. 359-360. Pour Apollinaire, Jarry dépasse de beaucoup le domaine de la poésie : « On ne possède pas de terme qui puisse s’appliquer à cette allégresse particulière où le lyrisme devient satirique, où la satire s’exerçant sur la réalité dépasse tellement son objet qu’elle le détruit et monte si haut que la poésie ne l’atteint qu’avec peine, tandis que la trivialité ressortit ici au goût même et, par un phénomène inconcevable, devient nécessaire » (Apollinaire, « Il y a— Messein », cité dans Rachilde, Alfred Jarry ou le surmâle des lettres, op. cit., p. 18-19).
30 André Breton, L’amour fou, 1973, p. 8.
31 André Breton, La clé des champs, op. cit., p. 309.
32 GRD, cité dans Franck Jotterand, Georges Ribemont-Dessaignes, op. cit., p. 36.
33 Un article d’Henri Béhar vient cependant nuancer cette position : « Le symbolisme absolu de Georges Ribemont-Dessaignes », 1986. Dans L’autruche aux yeux clos, GRD inclut des éléments qui semblent provenir de la
littérature décadente et symboliste : pensons à l’image de la tête coupée d’Estelle de Malabar, retrouvée dans la jungle, ou, aspect plus frappant encore, la fantaisie du roi bulgare Boris consistant à recréer un paysage éthiopien artificiel à même son château, et d’y adjoindre des accessoires tels un serpent artificiel ou un mouchoir au nom brodé de Cléopâtre, le tout, pour faire illusion à… une autruche aveugle, qui nous rappelle la contemporanéité du texte avec les Cocteau, Satie et Dalí.
34 Voir Rachilde, Alfred Jarry ou le surmâle des lettres, op. cit., p. 81 : « Les critiques impartiaux eurent tout de même, dans ce bouleversant tapage, la vision d’un type nouveau, quoique éternel, de Guignol-tyran, à la fois
bourgeoisement poltron, lâchement cruel, avare, génialement philosophe, tenant par sa grandiloquence de Shakespeare et par son humanité primitive de Rabelais. »
35 Tristan Tzara, « Alfred Jarry, loc. cit. », p. 359.
36 Raymond Queneau, « Conversation avec Georges Ribemont-Dessaignes », 1950, p. 35-36.
* Con l'espressione "la Der des Ders", forgiata in francia alla fine della prima guerra mondiale si intendeva ironizzare sul quello che era stato il suo contenuto ideologico per cui era stata combattuto, l'essere cioè l'ultima delle ultime guerre: dernière des dernières, (N. d. T.].
37 Georges Ribemont-Dessaignes, L’autruche aux yeux clos, op. cit., p. 122.
38 André Breton, La clé des champs, op. cit., p. 309.
[39] Alfred Jarry, Tout Ubu, 2000, p. 42. Nous nous sommes également servi, pour ce développement, du texte de José Pierre, « Ubu peint, ou la physique, la phynance et la merdre », 1989, p. 27-50.
[40] Georges Ribemont-Dessaignes, L’autruche aux yeux clos, op. cit., p. 81-86. Le même principe s’applique au président Chihuahua y Aragon, qui interdit à son peuple de s’enivrer, mais admet l’alcool renommé « eau lustrale » ou « antidote » ; décrit comme un « moraliste avisé » et un « grand homme d’État », il se révèle inspiré par les lois en usage aux États-Unis, ce qui fournit l’occasion à GRD de tourner en dérision l’esprit prohibitionniste américain (ibid., p. 95-96).
[41] Georges Ribemont-Dessaignes, « Non – seul plaisir », paru dans 391, n° 11, p. 2-3, repris dans Dada, op. cit., p. 194-196 (p. 196 pour le passage cité).