Aragon – Breton: "E scrivimi, sono così nudo!"
Aragon, Lettere a André Breton, 1918-1931
di Olivier Barbarant
Si erano incontrati alla fine di settembre 1917, al Val- de-Grâce. Tra di loro stava la poesia, già la rivolta e il rifiuto che la poesia non sia che questo - che letteratura. Si lacerarono nel marzo del 1932, separati, si è detto, dalla politica. Si lasciarono tuttavia? Nell'esistenza, certamente. Con altezza per l'uno, mutismo per l'altro, a lungo, tacendo la loro ferita. Si sono sempre scrutati sottocchio, l'uno polemizzando, l'altro in un silenzio da cui non uscirà che tardi, dopo la morte del vecchio amico, per delle evocazioni che raccontano, ben più della nostalgia di una giovinezza, la tenerezza sepolta... Quali "si"? Bisogna continuare? Da molto tempo oramai, i due giovani poeti del 1917 sono entrati nelle leggenda e la loro amicizia spezzata costituisce una delle pagine più famose della storia letteraria dell'ultimo secolo. Non senza cattive letture. Le edizioni Gallimard hanno appena pubblicato, con il titolo Lettres à André Breton [Lettere a André Breton], 170 lettere di Aragon a Breton scaglionate dal 18 maggio 1918 al 2 settembre 1931, in un'edizione presentata e annotata da Lionel Follet.
Se si conosceva già qualche frammento parziale di un breve e rivelatore momento di cirsi tra i due amici, nel gennaio 1919, quando Aragon si atteggiava da poco amato e tradiva con l'intensità della sua tristezza un'amicizia dall'andamento passionale, l'estensione della corrispondenza rivelata e commentata con erudizione irreprensibile dello specialista copre un periodo considerevole. Mancano, per gli estimatori della linearità, le risposte di Breton, ancora sottoposte per alcuni anni al silenzio degli archivi. La sola voce di Aragon, dunque, ci è data intendere. È effetto di questa solitudine? Sembra che una delle costanti delle lettere, e forse della relazione tra i due amici, consista nell'appello incessante di Aragon al suo destinatario, non senza ricatto e danza dei sette veli: "Così di tanto in tanto metterò alla prova la tua amicizia e chiederti: qual è il colore degli alberi, e se tu mi rispondi tricolore saprò che mi menti. Ma tu rispondi con durezza, con parole molto pure. Allora riprendo la TUA mano".
André Breton, Louis Aragon, con René Hislum e Paul Eluard.
Duemassicci soprattutto formano l'essenziale del libro, e con ciò stesso l'apporto decisivo di questa pubblicazione: gli anni 1918-1919, quando Aragon scrive dal fronte o più tardi, la sua ostentazione alsaziana, e le lunghe lettere dettagliate scritte da Mosca, nell'autunno del 1930, che relazionano del congresso degli scrittori detto "di Kharkov", episodio fondamentale per la storia del surrealismo e la biografia di Aragon. È rilevare l'importanza di questo libro, considerarlo come un documento. Elementi in mano, dunque, Lionel Follet può nella sua introduzione rompere con le letture e interpretazioni polemiche,eccessive, concernenti questo famoso congresso. Ricordiamo dunque, una volta ancora, ciò che ci fu permesso supporre su questo caso, e che siamo felici di vedere confermato: non Aragon - né Sadoul, che lo aveva raggiunto - non si è venduto alle autorità sovietiche in quest'occasione.
Trovando il mezzo per pura fortuna di farsi invitare a un congresso di scrittori come l'Unione sovietica cominciava a saperli produrre, quando si era recato con Elsa Triolet a Mosca per far visita a Lili Brik dopo il suicidio di Maïakovski, Aragon ha sperato di conquistare un riconoscimento delle posizioni surrealiste in materia di creazione e fare del gruppo, contro l'influenza di Barbusse e di scrittori più tradizionali, il vero corrispondente in Francia dell'avanguardia rivoluzionaria. Le lettere mostrano che tutto fu fatto in fretta e che Aragon si è un po' ingenuamente (l'avvenire lo aiuterà a progredire su questo punto...) complimentato dei successi da tribuna - "il rapporto sarà pubblicato in extenso", si rallegra il 20 novembre 1930 - dimenticando che, nei labirinti della politica, l'essenziale si svolge dietro il sipario. Così egli fu condotto, finito il teatro dei rappresentanti, e sooto pena di veder perduti tutti i benefici che credeva di aver ottenuto per il surrealismo, a firmare una dichiarazione che si distaccava dal Secondo Manifesto "nella misura in cui contrasta il materialismo dialettico". L'apprendista stratega fu dunque manipolato e i debuttanti nelle pratiche del potere sconfitti nelle loro speranze. Possiamo sperare l'affare chiuso, e così la controversia?
Ben più appassionante è la scoperta delle lettere spedite dal fronte. Esse confermano in gran parte ciò che Aragon aveva potuto dire della sua guerra, la prima, della strana intensità di vita che vi conobbe: "Tutto è qui frastornante, vedi", scrive dal fronte. Bisogna tener conto evidentemente dell'ironia, del dandismo giovanile e della scelta, spiegata da Aragon più tardi, di non dare "l'onore" alla guerra di accordargli la sua attenzione. Ma anche tenendo conto di questa ben comprensibile difesa, la lettura di queste lettere è coinvolgente: il grande affare è la scrittura, l'invio di testi, i giudizi. È anche il fatto che attraverso la redazione delle lettere, il soldato annienta la guerra che lo circonda, da cui il trasporto, la vivacità di alcune missive, fatte incontestabilmente per sedurre, e stordirsi allo stesso tempo: "Il tempo meraviglioso. Le trincee. Questo piccolo tratto di budella (...). Ma come un uomo che l'amore affatica, il cannone non dice che una parola, e si raccoglie per dei futuri".
Le spiegazioni dell'editore permettono a chi vuole immergervisi di scoprire qui l'estensione delle citazioni nascoste, dei riferimenti e effetti di connivenza tra amici, in una penna a volte un po' satura, come lo sono le scritture che iniziano. Gli eruditi cercheranno (e troveranno) di che precisare lo stato delle ammirazioni, i riconoscimenti e le reputazioni di un giovane genio che cerca ancora la sua strada. Si scopre così la complessità della relazione con Apollinaire e si può provare il piccolo piacere di prendere la memoria del vecchio Aragon in flagrante delitto di abbellimento.
Per chi conosce infatti la pagina commossa dalla quale Aragon diceva diessere stato "accecato" da un piccolo pezzo di carta ricevuto da Breton che gli scriveva: "Ma Guillaume Apollinaire è appena morto",l'esclamazione del 17 novembre 1918 avrebbe di che sorprendere: "Apollinaire è morto Hurra ed è capito!". Nessuna duplicità tuttavia da parte del giovane che scrive allo stesso tempo un omaggio al defunto: il testo pubblico dirà anche i limiti di un'eredità, e il parere, ingiusto finché si vuole (quest'età è senza pietà), che l'autore di Alcools non faceva che sopravviversi.
Ma questa corrispondenza non è che un documento di storia letteraria. Tra gli inevitabili scambi di informazioni che fanno a volte la pesantezza del genere, è, innanzitutto, una scrittura che si pone alla prova, gioca e gioisce delle diversità che offre il genere aperto della lettera, si diverte da un giorno all'altro nel contraddirsi, esplora ciò che è sconclusionato.
Le pepite da quel momento abbondano: "È un contemporaneo. Bisogna uccidere i contemporanei", "chi ci libererà dallo stile?", "Ciò che mi stupisce, la tua voce è la sola che non si altera per la posta", "Ciò che mi disgusta nei poeti, è che sono degli astuti o dei furbastri"... È anche e già tutta l'anima di Aragon nello scintillio di un dolore che non si dice che attraverso il gioco con se stesso: "Cloro, oh clorosi. Tossendo, ah, inutile giocare con i suoni, non rimbalzano più. La parola: sfogliata si allontana tristemente dal suo senso.
Bisogna che mi allontani dai miei sensi. Il vento fresco della sera sul mio volto scaccia il demone delle lettere. Piove leggermente. Louis".
Olivier Barbarant
Lettres à André Breton, 1918-1931 di Louis Aragon.
Edizione stabilita, presentata e annotata da Lionel Follet. Gallimard, 472 pagine, 23,90 euro.
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Aragon-Breton: "Et écris-moi, je suis si nu!"