Storia del dadaismo

Georges Ribémont-Dessaignes
Certe imprese dello spirito, nel momento del loro sviluppo, fanno un tale rumore che non si sa se si tratta del tuono di Giove o di petardi lanciati da ragazzi. Poi il tempo passa, tutti se ne vanno alzando le spalle, e l'impresa in questione non interessa più nessuno. Il più autentico tuono di Giove finisce che è soltanto un petardo.
Tuttavia, solo allora si riconoscono nelle vene dell'uomo le radici dell'impresa; e, a rifletterci, le sue virtù possono anche acquistare una loro grandezza. Troppo tardi. Il ritorno rischiara un cadavere trascinato nel passato.
Il movimento che prese il nome di Dadaismo fu un movimento dello spirito, col suo punto di partenza, il suo vertice e il suo declino; non fu soltanto una nuova scuola artistica.
Di questo movimento si parlò per la prima volta a Zurigo nel 1916, e coloro che ne parlarono furono il rumeno Tristan Tzara, l'alsaziano Hans Arp e i due tedeschi Hugo Ball e Richard Huelsenbeck. il Dadaismo fece il suo bel tempo a Parigi nel 1919, grazie a Tristan Tzara, Francis Picabia, André Breton, Louis Aragon, Philippe Soupault, Georges Ribémont-Dessaignes e qualche altro come Théodore Fraenkel, Jacques Rigaut, Paul Dermée, Benjamin Péret, ecc. Finì a Parigi nel 1921, dopo certe convulsioni che dispersero i diversi membri del gruppo.
Ma perché quel nome? "Dada" non significa nulla, non vuole significare nulla, e venne scelto appunto per la sua insignificanza. Come fu adottato e perché fu scelto a preferenza di un altro?
In un numero di Dada intitolato Dada au grand air, uscito nel 1921 a Tarenz-bei-Imst (Tirolo), ecco quello che il poeta e pittore Hans Arp scriveva: "Dichiaro che Tristan Tzara ha trovato la parola Dada l'8 febbraio 1916 alle 6 di sera. Ero presente con i miei dodici figli quando Tzara pronunciò per la prima volta questa parola che ha destato in tutti noi un entusiasmo legittimo. Ciò accadeva al caffè Terrasse di Zurigo mentre portavo una brioche alla narice sinistra. Sono convinto che questa parola non ha alcuna importanza e che non ci sono che gli imbecilli e i professori spagnoli che possano interessarsi ai dati. Quello che a noi interessa è lo spirito dadaista, e noi eravamo tutti dadaisti prima della nascita del dadaismo...".
In tale dichiarazione appaiono confuse cose precise a cose fantastiche destinate ad attenuare ciò ch'essa può contenere di troppo grave dal punto di vista del Dadaismo. Essa conferma l'intervista di Tristan Tzara pubblicata dalle Nouvelle Littéraires, in cui egli affermo: "Trovai per caso la parola Dada nel Larousse. Piacque a tutti...".
Dal canto nostro aggiungeremo il seguente particolare che ci fu rivelato dai principali interessati: l'intermediario fu un tagliacarte scivolato casualmente fra le pagine del vocabolario.
Il Dadaismo fu una rivolta permanente dell'individuo contro l'arte, contro la morale, contro la società. Manifesti, poesie e scritti diversi, quadri e sculture, spettacoli e qualche manifestazione pubblica a carattere prettamente sovversivo: questi gli strumenti di tale rivolta.
La portata del movimento oltrepassò sempre la letteratura e l'arte, avendo di mira la liberazione dell'individuo dai dogmi, dalle formule e dalle leggi, la sua affermazione sul piano dello spirito; e possiamo dire che liberò l'individuo dallo spirito medesimo, collocando il genio sullo stesso livello dell'idiota.
I giovani che videro questa necessità di rivolta erano soprattutto poeti e scrittori, e qualche pittore. I mezzi ai quali ricorsero furono dunque mezzi artistici. Sotto i loro colpi il linguaggio e le forme crollarono come castelli di carte da gioco. Accadde naturalmente che i mezzi che distrussero per primi furono proprio quelli di cui si erano serviti di più. Con nulla non si fa nulla: in altro termini, succedendo al Cubismo, al Futurismo, al Simultaneismo, che li avevano nutriti fino allora, essi distrussero le forme e l'idea cubiste, futuriste, simultaneiste servendosi di armi fortemente simili agli oggetti distrutti. D'altronde, si trattava d'una distruzione di valori. Un edificio in demolizione consiste di pietre, travi e legname diverso, ossia, più che di polvere e di rumore, degli elementi dell'edificio stesso. Non è meraviglia se ai suoi inizi, il Dadaismo aveva spesso un volto futurista o cubista, a tal segno che lo stesso Dadaismo ne restava escluso.
Gli uomini non riescono a distruggere senza costruire le cose stesse che distruggono; e così il Dadaismo, se per un verso voleva e sentiva la necessità di distruggere ogni forma d'arte sottomessa a certi dogmi, per altro verso doveva obbedire parallelamente alla necessità di esprimersi. Si trattava di sostituire la soggezione alla realtà con la creazione di una realtà superiore. (Più tardi ritroveremo tutto ciò nel Surrealismo, figlio minore del Dadaismo). Continuare l'opera di Dio senza prenderla sul serio. Ma la superiorità di tale creazione non mira affatto alla grandezza attraverso l'Ordine e la Legge. si tratta di un nuovo universo astratto, consistente d'elementi presi a prestito dal concreto, al di fuori d'ogni valorizzazione formale. Non ci si cura più del bello o del brutto, del conseguente, del verosimile o del fantastico (Apollinaire diceva già: "Noi andiamo alla ricerca del brutto"). Non importa se una cosa non è fatta bene e se non risponde alle regole più elementari del comporre. Le ragioni superiori non intervengono a controllare l'ordine. Nelle aspirazioni umane non vi sono più zone privilegiate, e i valori più bassi sono altrettanti favoriti che i più alti. Inoltre, per avere in mano un buon piano strategico, visto che si tratta di stare attenti a non cadere nelle abitudini, divenute spontanee per lunga tradizione formale, e di non lasciare che il bello, il nobile, l'eccelso, il grazioso, l'ordinato, il perfetto riprendano io sopravvento, si cerca di avere un debole per il barocco, lo strano, l'infimo, il volgare, lo squilibrato, l'imprevisto o l'informe.
* * *
A Parigi si pubblicavano due riviste dedicate al Cubismo e al Futurismo: Sic e Nord-Sud (1916 e 1917-18). Fondata nel 1916 da Pierre-Albert Birot, Sic era più particolarmente futurista, mirava a sfuggire alle leggi formali propugnando il movimento, la velocità, la simultaneità, il dinamismo. Come sottotitolo recava questa formula programmatica: "Suoni - Idee - Colori - Forme". Fra i collaboratori figuravano Apollinaire, Paul Dermée, Gino Severini.
Più confusa nelle sue aspirazioni, Nord-Sud vide presto allargarsi la cerchia dei suoi collaboratori: dai futuri dadaisti come André Breton, che a quell'epoca imitava Mallarmé, a Philippe Soupault e Louis Aragon, ad Apollinaire, Pierre Reverdy, Max Jacob e Roch Grey.
Una tale confusione favoriva il manifestarsi della rivoluzione dadaista. D'altra parte però Sic e Nord-Sud sarebbero state insufficienti senza l'intervento di Francis Picabia con le sue riviste 291 e 391, e senza Marcel Duchamp con le sue piccole riviste Wrong-Wrong e The Blind Man, di cui furono pubblicati solo due numeri. La scultura di R. Mutt, rifiutata alla mostra degli Indipendenti di New York e che col titolo di Fontaine rappresentava un orinatoio, fu pubblicata appunto in The Blind Man.
La rivista 291 pubblicava articoli ma soprattutto disegni e riproduzioni di quadri. Il programma generale era già quello che apparve alla nascita del Dadaismo: distruzione, ma in vista d'una realtà superiore. I disegni di Picabia erano "meccanici".
Il primo numero di 391 uscì il 25 gennaio 1917 con una copertina di Picabia intitolata Novia (Fidanzata) e raffigurante alcuni meccanismi interni di un'automobile. Dentro vi appariva un disegno di Marie Laurencin: teste di fanciulli e qualche uccello. Le poesie si leggevano con un colpo d'occhio. Però una di esse, recante la sigla M. L. (forse Marie Laurencin?), era piuttosto bella benché si richiamasse allo stile di Apollinaire:
Re di Spagna
Prendete il vostro mantello
E un coltello
Al giardino zoologico
C'è una tigre paralitica
Ma reale
E lo sguardo fa male
* * *
Nello stesso giorno a Zurigo aveva luogo la prima esposizione dadaista. Ora, se noi facciamo questo parallelo, è soltanto per mostrare che se gli sforzi di Picabia si dirigevano verso una strada analoga a quella che andava percorrendo il Dadaismo, in quel momento egli era ancora lontano dall'aver concentrato la potenza esplosiva che andava acquistando il nuovo movimento. Ma aggiungeremo che quest'ultimo, alla sua origine, intravedeva appena la sua strada: in realtà non diventò se stesso se non quando i giovani poeti di Zurigo incorporarono nei propri tentativi quelli di Picabia e insieme gli sforzi più turbolenti e segreti, assai incerti a quel tempo, che alcuni giovani di Parigi cercavano di effettuare nella piccola rivista Littérature, che si fece subito conoscere con l'inchiesta "Perché scrivete?". Che cosa speravano i giovani André Breton, Louis Aragon, Philippe Soupault, Paul Eluard? Essi consideravano la vita come un terribile enigma, le domandavano una soluzione, o aspettavano che venisse da qualche scrittore nel quale avevano successivamente riposto le loro speranze, benché un'oscura intuizione li spingesse a unire le loro aspirazioni. Il titolo stesso della rivista, Littérature, è quasi una derisione e può essere considerato come l'equivalente di Anti-littérature. Allo stesso modo che Picabia disprezzava la pittura in quanto ha di sensibile, e a propriamente parlare, di "pittorico", essi volevano togliere al linguaggio i suoi effetti normali per conferirgliene altri più sicuri, ma più perfidi, di dissoluzione del pensiero. Possono le tenebre dello spirito salire alla superficie della conoscenza con questi mezzi? Per ora, essi si limitavano a porsi la domanda. Ma tutto ciò oltrepassava già la letteratura. La liberazione dell'uomo sembrava loro altrettanto desiderabile che di sapere come bisognava scrivere. Il caso Rimbaud era all'ordine del giorno e per molto tempo non smise di preoccuparli, al punto che ognuno si sforzava di scoprire come adeguarlo a sé. Uccidere l'arte, sempre uguale a se stessa, non bastava; non bastava neppure pensare di compromettere tutto pur di non legarvisi. La perpetua disponibilità e la demolizione dei suoi idoli, quando essi diventano ingombranti, erano care a tutti. L'inutilità della vita stessa li ossessionava. Ribellarsi alla vita! Ma su questo punto non c'è che un magnifico rimedio: il suicidio. Ora, uno dei loro amici, poco avanti la nascita del Dadaismo, che del resto non conobbe mai, si era suicidato a Nantes nel 1918. Era Jacques Vaché. Dandy, anglomane e oppiomane, questo adolescente che si rifiutava di vivere esercitò grande influenza su André Breton.

Se è vero che due focolai distinti spianavano la strada del Dadaismo a Parigi e in America, non bisogna però dimenticare che esso, col suo nome e il suo stato civile, era venuto al mondo e aveva emesso i suoi primi vagiti a Zurigo.
A quell'epoca la Svizzera era un centro di fermentazione culturale. Tutti quelli che nell'Europa centrale volevano sfuggire alla guerra vi si davano convegno. Zurigo dava l'esempio. Pacifisti tedeschi, rivoluzionari russi, ungheresi, rumeni venivano a trovarvisi l'uno accanto all'altro, ma vi formavano gruppi separati. I pacifisti tedeschi si riunivano da una parte, i bolscevichi dall'altra. C'era Lenin; lo si vedeva giocare a scacchi nei caffè. Ma, come è facile immaginare, né i pacifisti né o bolscevichi si occupavano di questioni d'arte. Il loro interesse era per la politica e i rivolgimenti sociali o internazionali. Degli artisti essi tuttavia condividevano quel desiderio di distruzione dei valori che caratterizzava il loro tempo. Mentre però i politici miravano alla distruzione della società borghese, gli altri intellettuali si proponevano la rovina di tutti i valori umani.
Sul finire del 1915 c'era a Zurigo un giovane rumeno; aveva studiato filosofia, ma si sentiva fortemente attratto verso la poesia: era Tristan Tzara. L'animatore più ardente del Dadaismo, infatti, è lui. Non gli si può certo rimproverare di non aver saputo, fin da principio, distinguere nel particolare ciò che doveva essere il Dadaismo; il suo merito principale resta in ogni modo quello di avere a poco a poco aperto la strada che doveva percorrere e di non essere mai venuto meno alla sua volontà.
Dal canto suo l'alsaziano Hans Arp, autore di sorprendenti sculture in legno, era arrivato a Parigi nel 1914, riuscendo poi a sfuggire per la guerra che lo aspettava al varco sia dalla parte tedesca che dalla parte francese. Nell'ottobre 1915 si rifugiò a Zurigo. Verso dicembre, una lettera di un curioso spirito tormentato, il giovane poeta tedesco Hugo Ball, ch'egli conosceva, lo invitò a partecipare ad una mostra che stava preparando. Hugo Ball era pacifista, anche lui aveva cercato rifugio in Svizzera. In cerca di occupazione per guadagnarsi da vivere, voleva aprire un ritrovo dando spettacoli di varietà e allestendo mostre d'arte.
Il sogno di Hugo Ball s'avverò in febbraio 1916 con l'inaugurazione del Cabaret Voltaire nella Spielgelgasse. A corto di espedienti, si comincio col chiedere ad amici e conoscenti, quadri, disegni e incisioni. Si diedero concerti di musica e si recitò con gusti tra espressionisti, futuristi e pacifisti.

Lo storico locale Cabaret Voltaire come appare oggi con una targa commemorativa sulla facciata.
Il 26 febbraio arrivo da Berlino un poeta tedesco, Richard Huensenbeck. Anche costui appariva infatuato da intenzioni distruttive e da un desiderio di novità. "E il 20 marzo" dice Hugo Ball, "demmo un magnifico concerto di musica negra per iniziativa di Tristan Tzara, che insieme con Huelsenbeck e Janko lesse per la prima volta alcune poesie simultaneiste".
In giugno 1916 pubblicammo un numero unico che s'intitolava Cabaret Voltaire. Il sommario comprendeva fra l'altro: L'admiral cherche une maison à louer, poesia simultanea di Huelsenbeck, Janko e Tzara; Das Karousselpferd Johann, di Hugo Ball; Arbre di Apollinaire; Deux Poèmes, di Emmy Hennings; Der Idiot, di Huelsenbeck. Il pezzo forte di quel numero fu La Revue Dada II. Per la verità il nome Dada fu trovato, come abbiamo detto, l'8 febbraio 1916.
Però fu soltanto in luglio 1917 che apparve il primo numero della tanto attesa rivista che si intitolava Dada I, recueil d'art et de littérature.
Numero confuso, che riuniva i nomi di Arp, Tzara, Janko, Savinio, Guibeaux. A caso vi si alternavano opere poetiche e note scandalistiche; ma non si tardò ad accorgersi che lo scandalo era l'elemento perfettamente adatto alla fermentazione voluta.
Primo numero della rivista Dada uscita dopo il primo e unico numero della rivista Cabaret Voltaire che traeva il suo nome dall'omonimo locale in cui si esibivano gli artisti fondatori del movimento.
La poesia simultaneista "L'Admiral cherche une maison a louer", recitata al Cabaret Voltaire e apparsa anche sul primo numero della omonima prima rivista dadaista uscita nel giugno 1916.
* * *
Dopo la pubblicazione di Dada II (dicembre 1917) e quella dei 25 Poèmes, Tzara dette una serata dove un nuovo manifesto dadaista sollevò uno scandalo enorme. Si tratta del Manifeste Dada 1918, che venne pubblicato in Dada III (dicembre). Per la prima volta esso dava alla rivista un carattere veramente dadaista, proclamando con uno stile folgorante l'eguaglianza dei valori, l'identità del sì e del no.
"C'è una letteratura," dice fra l'altro il manifesto, "che non arriva nelle mani delle voraci moltitudini. Opera di creatori, nata da una vera necessità dello scrittore, fatta soltanto per lui. Conoscenza d'un supremo egoismo, dove le leggi intristiscono. Ogni pagina deve esplodere per la serietà profonda e pesante, il turbine, la vertigine, il nuovo, l'eterno, per il paradosso che taglia la testa al toro, per l'entusiasmo dei principi o per il modo in cui si stampa. Ecco un mondo vacillante che fugge, legato ai bubboli della sonagliera infernale; ecco, d'altra parte, gli uomini nuovi. Rudi, balzanti, cavalcatori di singhiozzi. Ecco un mondo mutilato e medicastri letterari affetti dal male del miglioramento.
"Io vi dico: non c'è un cominciamento e noi non tremiamo: noi non siamo sentimentali. Noi, vento furioso, stracciamo il lino delle nubi e delle preghiere e prepariamo il grande spettacolo del disastro, l'incendio, la decomposizione...
"Conoscenza di tutte le armi respinte finora dal sesso pudico del comodo compromesso e della cortesia: Dada; abolizione della logica, danza degl'impotenti della creazione: Dada; di tutte le gerarchie ed equazioni sociali stabilite per i valori dai nostri valletti: Dada; ogni oggetto, tutti gli oggetti, o sentimenti e le oscurità, le apparizioni e gli urti precisi delle linee parallele, sono armi per il combattimento: Dada; abolizione della memoria: Dada; abolizione dell'archeologia: Dada; abolizione dei profeti: Dada; abolizione del futuro: Dada; fede assoluta indiscutibile in ogni dio prodotto dalla spontaneità: Dada".
Il gruppo di Littérature, invitato a collaborare a Dada II, aveva esitato; alla fine solo Philippe Soupault aveva mandato questa breve poesia:
FIAMMA
Un busta strappata avvolge la mia camera
Spingo i miei pensieri
Si parte
Avevo dimenticato la mia valigia.
Ora, Francis Picabia, arrivato da Barcellona e da New York e che aveva già pubblicato in Svizzera alcuni libricini di poesie come Poèmes et Déssins de la Fille Nées sans Mère, L'Atlète des Pompes funèbres, Ratelers platoniques, doveva sentire ciò che lo legava al nuovo movimento: fece la conoscenza di Tzara e dei suoi amici, aderì al Dadaismo, fu salutato come l'Antipittore.
Possiamo affermare che a partire da questo momento il Dadaismo era veramente nato.
In aprile 1919, nuova serata scandalistica. In maggio apparve Dada 4-5 col titolo di Anthologie-Dada. Questa volta tutto il gruppo di Parigi, quello cioè di Littérature, vi collabora. Ma vi troviamo anche Reverdy e Jean Cocteau.
Tuttavia lo scandalo sollevato da questo numero non raggiunse quello nel corso del quale avevamo presentato Noir Cacadou, ballo di cinque persone nascoste dentro strani tubi. Serner, in luogo delle due poesie, presenta un mazzo di fiori ai piedi di un manichino. La sala delirante impedisce a Tzara di leggere un proclama dadaista. Ciò non toglie però che coloro che poterono assistere alle prime manifestazioni avessero ormai di che giudicare il Dadaismo e che il movimento fosse in marcia.
Così, nel 1919, il Dadaismo non perse più tempo per presentarsi a Parigi nella persona medesima di Tristan Tzara, che in quell'occasione
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[SEGUE]
[A cura di Massimo Cardellini]