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8 ottobre 2010 5 08 /10 /ottobre /2010 12:34

   

 

Cravan il crocificato del XX secolo

  

 

 

cravan-.jpg

 

di Nanochévik 

 

 

Sarebbe allettante fare della vita di Arthur Cravan, una biografia alla maniera di Enrico IV. Quadratura del cerchio, Cravan non rientra in nessun cassetto, e soprattutto in quello del biografo. non fosse altro che per il suo grande corpo di più di due metri di altezza, nessuna civiltà sarebbe in grado di approntargli un sarcofago, tranne forse i costruttori dei megaliti... Fare il ritratto della famiglia di Cravan! Quest'ultima se ne è già incaricato, "Quel cretino di mio fratello", in quanto a sua madre, Cravan stesso dubitava di averne una. Un padre? Ne aveva certo uno, scelto con cura e fungente anche da madre: Oscar Wilde.

 

Cravan, Wilde ritratto del 1882
Ritratto di Oscar Wilde, 1882.

 

Chi può vantarsi di essere il nipote di Oscar Wilde? Nessuno se non Cravan, che lungi dall'essere schiacciato da questa statura, se ne serviva come di un randello. Oscar Wilde, principe degli aforismi e dandy maledetto, aveva un figlio illegittimo: un gigante chiamato Cravan, una parola vendicatica scaturita dall'esilio. La rivincita di Oscar Wilde, è Cravan. Colui che sarà tutto ciò che non poté mai essere, lui il delicato Oscar Wilde: Cravan il bruto. Ma quale bruto! "A wild(e) beast". Cravan non ha infanzia. Sorge. formato da qualche malvagio demiurgo. Non ha età. La vita di Cravan si consuma al di fuori di ogni temporalità.

 

Pirata delle arti e delle lettere. Delle arti pugilistiche e delle lettere assassine, bisogna precisare. Cravan ha appreso la poesia boxando. Non ridete, i dandy conoscevano il Bushido del XIX secolo! "Milord il bastardo" non lo era da meno. È "lo schiaffo ed il pugno" o l'arte della modernità dei Futuristi. Va da sé che lo schiaffo è delicatamente poetico, risveglia le guance e le lettere. In quanto ai pugni, fanno tacere i seccatori e li rende quasi eleganti. L'occhio nero, questo monocolo dei futuristi, ha il dono di trasformare il borghese in gladiatore nichilista. Bisogna risvegliare le linee dritte. Il movimento, sempre il movimento. Guidare un Bugatti. Finire in un fosso. C'è del Futurismo in Cravan come c'è del cuoio nella boxe. Cravan non è mai discepolo. Migliora i suoi colpi. Possiede anche il gancio futurista come il cazzotto wildiano. I pirati possono nascere sulle rive del lago Léman?

 

 

In ogni caso, se Cravan non è mai nato, sorge dall'elemento acquatico allo stesso modo di Lancilotto del lago. Lo ritroviamo all'assalto della capitale francese con un carretto di frutta e verdure. Vediamo subito ciò che pensa dei tempi... Il fatto è che Cravan è un surfista in equilibrio sull'ago dei secondi. Nella carretta, vi sono alcune copie della sua rivista "Maintenant". Il castello di sabbia pretenzioso che egli si appresta a spazzar via, è il Salon des Indépendants del 1914, o tutto ciò che esiste come pittura alla moda, si ritrova come in una grande famiglia. Bisogna dire che nel frattempo, il poeta pugile si era recato a far visita al grande Gide, Sole della letteratura Francese. Avrete capito che una grande ombra come Cravan non può soffrire il sole. Il testo che egli pubblicò su quest'incontro era l'equivalente di una metamorfosi di un sole in veri splendenti. L'operazione erano lungi dall'essere delicata. Immaginate soltanto un individuo che utilizza Oscar Wilde come una mazza. Ah! Dimenticavo Oscar Wilde est vivant [Oscar Wilde è vivo], tratto da un numero di "Maintenant".

  

Maintenant
Maintenant, la rivista fondata, scritta e venduta da Cravan

  

Che pessimo Vangelo, direte voi, ma questo Giobbe lì, credetemi, non era dello stesso legno... È vivo e non è contento. In realtà si chiama Cravan. Il testo che vende come uno strillone davanti al Salon des Indépendants è degno della bomba a chiodi  dell'anarchico Vaillant. Questo Salon des Indépendants, potrebbe chiamarsi "Andrò a sputare sulle vostre tele". Soltanto il pittore Van Dongen trova grazie ai suoi occhi, bisogna dire che l'artista olandese ha il buon gusto di organizzare degli incontri di boxe nel suo laboratorio. Dopo essersi sbarazzato di tutte le mezze tacche con delle frasi mortificanti, Cravan se la prende con Marie Laurencin per meglio colpire l'amante di quest'ultima: Apollinaire. Il colpo è talmente basso quanto assurdo. Colpisce Apollinaire al ventre, dove sembra, fosse caduto il suo cervello. L'uomo grosso, e non è poco dirlo, fu acutamente oltraggiato per essere stato designato nella rivista del pugile come l'ebreo Apollinaire. Non essendo affatto ebreo, si affretttò ad inviargli i suoi testimoni per una rettifica in regola. Il resoconto che ne venne fuori vale tutta la letteratura francese degli ultimi 500 anni. Se Lautréamont avesse potuto leggerlo, avrebbe senz'altro scritto dei racconti per bambini. Gli otto giorni di prigione che Cravan fece per gli insulti alla signora Laurencin erano l'equivalente invertito del crimine sodomita di Oscar Wilde. Cravan aveva allegramente promesso di sollevare le gonne di quest'affascinante giovane signora allo scopo di possederla come un satiro Dionisiaco. Inutile cercare della delicatezza in Cravan. Quando pianta un chiodo lo fa con una mazza.

  

Maintenant, 07

 

È anche in quest'epoca che Cravan inventa il prosopoema e cioè una forma di prosa, che, per aggiunte successive, impercettibilmente, in fondo così come nella forma, si allontana dal senso, vagabonda tra rima e follia, affinché nasca una poesia unica e mutante. Cravan scrive L'âme au XXe siècle, poète et boxeur[L'anima nel XX secolo, poeta e pugile], formidabile "prosopoema" che trascende il Secolo: "ero sigaro ed avevo trentaquattro anni", è coraggioso e cattivo non credete? Eppure, quando la viltà si impone Cravan è un grande codardo. Sarete particolarmente indulgente con lui quando capirete che nel 1914, è la guerra che gli aveva preso la mira al suo naso. L'energumeno aveva dimenticato di essere ingenuo, il che era particolarmente raro a quest'epoca. Dichiarò: "Starei troppo male nell'essere trascinato da un paese". Non sapendo veramente se fosse britannico, svizzero o francese, preferì calzare i suoi stivali delle sette leghe, piuttosto che di ricevere una piccola matricola ed un metro quadrato in Picardia. Non sta ad aspettare e lo ritroviamo, nel disordine, su un piroscafo transatlantico mentre conversa con Trotsky, poi barbone a Central Park, autostoppista travestito da donna in Canada, e scandaloso conferenziere a New York.

 

Manifesto-Johnson--Cravan.jpg
Manifesto dell'incontro pugilistico tra il campione Jack Johnson e Arthur Cravan

 

  

Nel 1916 è allenatore di boxe al Real Club Marittimo di Barcellona. In alcune settimane si è creato un personaggio di grande pugile. La stampa locale non giura che su Cravan, pugile inglese. Mentre ci si sbudella nel nord Europa, Cravan apre un secondo fronte da solo in Spagna. Riflettendoci sopra, è in tutta evidenza l'operazione militare più sensata di tutta questa guerra. Con grande sostegno della pubblicità e di pesetas si invita il campione del mondo il nero Jack Johnson, a venire a sostenere "Il combattimento del secolo" a Barcellona. Bisognava pensarci, Cravan l'ha fatto. È il suo capolavoro. Trasforma il prosopoema in prosovita. Il combattimento dura sei riprese di tre minuti. Cravan è spedito al tappeto al sesto. KO. Contro ogni logica, la gloria è stabilita. Mai i Dadaisti ed i Surrealisti che ammiravano Cravan, riuscirono a reiterare il combattimento del secolo. Con sua moglie, Mina Loy, poeta ed archetipo dela donna moderna, grande figura femminile della Lost Generation, Cravan si reca in Messico che percorre in quanto pugile professionista. Prendendo il mare da solo su una piccola imbarcazione, Cravan sparisce per sempre da qualche parte nel Pacifico nel 1918, Arthur Cravan aveva 32 anni: "Ero sigaro ed avevo trentaquattro anni".

 

"Nipote di Oscar Wilde" è grazie a questa chiave magica che Arthur Cravan si introdusse nel santuario della letteratura francese: l'appartamento di André Gide. "Credo dovervi dichiarare subito che preferisco molto più, ad esempio, il pugilato alla letteratura". La tonalità una volta data, André Gide non si riprenderà. Stertto in una morsa da quest'ercole inquietante accoppiato ad un oracolo dal verso burlesco, il prosatore di I sotteranei del Vaticano non era all'altezza. "Nell'insieme è una natura del tutto minuscola", si befferà Cravan. Dotato di un antenato mitico, Arthur Cravan sorge come un Barbaro dentro Roma. Se non tirava l'inesistente barba  di Gide, osservava la fronte dello scrittore così come si osserva un soffitto decrepito. "Frammenti di pelle (..) si desquama". Il vecchio Gide affondava nell'oscurità della sua casa... La leggenda di Cravan stava per nascere. Come Teseo penetrante nel dedalo della letteratura, effettuava un ingresso fracassante abbattendo il Minotauro desquamato. La parola d'ordine era data "Maintenant" [Ora]... Quel giorno, è tutta la letteratura che conobbe la sua notte del 10 agosto. Cravan buttava giù l'ultimo dei privilegi, quello degli scribi post-Gutenberg. L'arte e la vita si diluivano nel corpo gigantesco di Cravan. Era la nascita del prosopoema. Questo intreccio di carne e di parole. "Una macchina da corsa è più bella della Vittoria di Samotracia" gridava il futurista Marinetti che sognava una fusione della carne e della macchina.

 

  Cravan proietta la letteratura contro il corpo. Denuda la poesia per confrontarla alla barbarie del corpo poetico: il pugilato. Il ring di Cravan non è quello di Wagner. La sua cattedrale non è un teatro borghese. È una città portuale frenetica, una folla urlante dei sobborghi. I generi si confondono, il nero Jack Johnson sacro re dei poeti, ed il delicato Oscar Wilde incoronato re dei pugili. Con Cravan, sono i Saturnali permanenti. Vuole travestire la poesia in pugilato ed i K.O in rima. È il prosopoema che annuncia che l'anima del XX secolo non ha forma. È Proteo che atterra la sostanza di Prometeo. "Sono tutto ed ogni cosa..." affermava Cravan. "Oscar Wilde è vivo" urlava Cravan ai passatisti. È vivo ed ha varcato la porta del teatro magico ed è sopravissuto come l'esploratore Walter Raleigh, all'oro degli indiano Manao. Il vecchio Melmoth è tornato dal viaggio senza ritorno di Rimbaud. "Cravan è vivo!", ecco il vero grido della rivista MAINTENANT. È il Jolly di Cravan. Non è un caso che il poeta pugile vada all'arrembaggio dei galeoni pesanti della Kultur. Cravan si ricorda di Raleigh, poeta e corsaro, che sognava di offrire l'Utopia in rima, ai piedi della Regina. Cravan Ha la sua Cartagine delle Indie da saccheggiare, è al "Salon des Indépendants" dove dà dei fendenti ai contemplatori dell'olio su tela: "Questa vecchia prostituta". Pratica la critica artistica con la sciabola per l'abbordaggio. Quando Cravan si reca nel tempio dell'arte, non è per pregare, ma allo stesso modo del poeta Omar Khayyam quando si recava alla moschea:

  

Benché io sia venuto, molto umile, alla moschea

Per Dio! Non sono venuto per la preghiera

Vi sono giunto per rubarvi un tappeto da preghiera

Che il peccato logora... e ci sono tornato

Molte volte.

  

Il duello è vietato. "Accetto di battermi con X", dichiara Cravan "con la condizione formale che vi sia il cinematografo e scelgo come arma la lancia di Ulhan". Cravan è un duellante al fioretto all'inchiostro: "La grande sciabola di Apollinaire non mi fa paura". Ha lo stile del carrettiere. Attacca basso. Alla Jarnac: "L'ebreo Apollinaire...". Para con la daga italiana, e contrattacca alla Bergerac: "Apollinaire che non è affatto ebreo ma Cattolico  romano...", e colpisce... "Apollinaire somiglia ad un tapiro...", e colpisce: "Arthur Cravan, mulattiere, topo d'albergo (...), ecc...".

  

Il ritratto di Cravan si trova così abbozzato, è un capo della banda. Un'associazione di malfattori. Cravan, è "l'Olandese volante" con il suo equipaggio fantomatico: Wilde, Raleigh, Khayyam, Cyrano, Jack Johnson. Vola sui flutti della modernità e spara a palle incandescenti sulle muse, "Sono sigaro ed ho trentaquattro anni". Missile presurrealista dalla logica sfumata, che girovaga per vallate prima di colpire il bersaglio. "Il Ladro" di George Darien diceva: "Faccio uno lurido lavoro ma ho una scusa, lo faccio luridamente". Cravan attacca a viso scoperto e quando è volgare ed ingiurioso, non è mai a metà. Come il ladro, Cravan ha una scusa: "Non voglio civilizzarmi". Il conquistador Aguirre, egli stesso, non voleva civilizzarsi: né Dio né padroni sino in punto di morte... In quanto al poeta corsaro, Walter Raleigh, di ritorno dall'Eldorado come Aguirre, e come lui decapitato, la civiltà non era che menzogna:

  

Va, anima mia, ospite del corpo

Parti per un'ingrata missione;

Non temere di colpire i migliori

La verità sarà la tua cauzione.

Va, poiché devi morire,

A dire al mondo che mente

  

Si sognerà, forse senza speranza, ad un film sul personaggio di Cravan. Aspettando l arealizzazione di questo desiderio illecito, "Pandora and the Flying dutchman" il film del produttore esteta Albert Lewin, con i suoi riferimenti a Khayyam e Marinetti, può servire da "erzatz (surrogato) di mitologia cravanesca... Dobbiamo intravedere questo tenebroso destino che porterà Cravan verso il mare Azteco. Quale comandante, quale maledizione si impadronì del poeta pugile nell'oceano Pacifico nel 1918? Cravan sarebbe, con il suo equipaggio fantasma, un "Olandese volante" sopravvissuto ad un eterno "Maintenant". La quartina di Omar Khayyam che punteggia il film di Lewin ci fa fremere quando immaginiamo il poeta solo sulla sua barca a vela mentre voga verso un orizzonte troppo certo:


 

Sin dall'inizio fu scritto ciò che sarà;
Infaticabilmente la penna scrive, senza pensieri

Del bene e del male

Il primo giorno, ha segnato ciò che sarà...

Il nostro dolore ed i nostri sforzi sono vani.

  

La morte del poeta è poetica. Sparisce nella bruma del nord come il Dio Quetzacoalt

  

È morto che tornerà tra i morti.

È partito che tornerà come un messia millenarista.

Ceavan è vivo! Vivo! Ma dove? Tula o Thule?

  

Nell'Utopia di Cravan, la Sparta moderna era bicefala. Una doppia monarchia con Oscar Wilde e Jack Johnson come re. Cravan, spaccone e temerario, non voleva che scontrarsi che con i più grandi avversari: Apollinaire, Gide, Cendrars, Johnson- "Ho vissuto in un'epoca in cui potevo avere a volte l'ebbrezza di pensare che nessuno sia stato a me eguale". Eternamente vinto davanti ad ogni cima, Cravan è infine vincitore per opposizione. Egli si erge sui due pilastri dell'Arte e della Vita: il pugilato e la Poesia. Se non può vincere individualmente ogni stilita sulla sua colonna, nessuno di loro è capace di seguirlo in un'altra dimensione. Quando i poeti non sono dei pugili, e viceversa, non c'è che un solo vincitore: Cravan. Non bisogna sbagliarsi quando Cravan boxava, egli rimava. " Vorrei riempire i miei guantoni da boxe con capelli di donna". Quando Cravan scriveva delle poesie, erano pugni. "Ero pazzo di essere pugile sorridendo all'erba".

  

Jack Johnson non seppe mai che si era battuto con un prosopoema, in quanto ad Apollinaire non comprese mai che era salito su di un ring... L'anima di Cravan, "l'anima del XX secolo", si è essa stessa cricifissa alle due estremità della modernità. Ed il corpogigantesco di Cravan, come un gigante del Vahalla, si è allungato sul mondo sino a sparire ai nostri occhi. Imbroglione o messia? Entrambe le cose, probabilmente... Cravan non smette di tornare a visitarci: Vivit et non vivit.

 
 
Nanochévik
  
  
[Traduzione di Elisa Cardellini]
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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