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30 aprile 2014 3 30 /04 /aprile /2014 06:00

Dora Maar fotografa e pittrice

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Dora Maar, 29, rue d'Astorg

Sedotta e poi abbandonata da Picasso, Henriette Theodora Marcovitch, o Marcovich, detta Dora Maar, fa parte di quella lunga lista di celebri sconosciuti la cui vita e opera sono state obliterate da quella del Grande Uomo.

Dora Maar, fu successivamente fotografa e pittrice. Troppo spesso attribuita a Man Ray, presso cui la giovane lavorò inizialmente, la sua opera fotografica non ha beneficiato che tardivamente dell'atteso riconoscimento. Lo stile di Dora Maar è tuttavia di un'originalità profonda. Rimane ancora oggi insolita e sconcertante.

Non parlerò della sin troppo celebre Femme qui pleure, al contempo immortalizzata, cosificata, sceltificata, e decostruita da Picasso, ma dell'artista dotata di uno sguardo misteriosamente acuto, che rivela l'inquiétante étrangeté del reale, il peso della vita, l'angoscia dell'essere. 

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Père Ubu, 1936

Giunta da Buenos Aires nel 1920, Dora Maar è la figlia di un architetto croato che ha firmato numerosi edifici della capitale argentina, tra l'altro l'edificio Mikanovich, concepito su richiesta del potente armatore dallo stesso nome. Cresciuta all'ombra delle cupole (cupulas) che sovrastavano la città di Buenos Aires, Dora Maar dedica la sua opera fotografica all'espressione di una verticalità angosciante nella quale, per effetto di inquadrature dal basso, ricrea, allo stesso tempo in cui ne condensa e sposta gli indici, la muta contaminazione delle cupulas.

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Alicia Dujovne Ortiz, in Dora Maar - Prisonnière du regard, evoca superbamente questa configurazione dello sguardo primitivo: Ogni abitante di Buenos Aires conosce quest'edificio. Il suo fianco fa pensare alla fiancata di una nave. I suoi sette piani terminano con un balcone con degli strumenti ottici da cui Mihanovich osservava il monumento portuale. Il pinnacolo è un globo formato da bande di ferro verticali; posto in alto, un pianeta, semi vuota, di aspetto girevole, simbolizza il possesso del mondo da parte del capo dell'azienda. Di notte, illuminato dall'interno, il globo sembrava guardare da lassù, dorato, enorme.

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Dora Maar, Parigi, 1930

Ecco una delle prime fotografie di Dora Maar che sia stato conservato. Si tratta ancora di una fotografia amatoriale. Si nota la presenza del reticolo, che fa vedere, ma impone la distanza, da qui il divieto di accesso al paradiso.

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Ecco anche il primo autoritratto firmato Dora Maar. Data del 1920. Anche qui, qualcosa si interpone tra l'occhio e la cosa vista, - qualcosa che lascia vedere, ma segnala il carattere insuperabile della distanza specularmente mantenuta aperta tra il soggetto dell'oggetto. Le pale del ventilatore minacciano il viso, implicitamente esposto agli oltraggi della macchina macinatrice.

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Giunta in Francia nel 1920, Dora Maar va e viene tra Parigi e l'America del Sud sino al 1930. Dedica numerose foto alle navi, che fanno la spola fra le due rive, tentando di scongiurare la divisione del mondo, la disposizione frontale del soggetto e dell'oggetto, dell'Io e del Sé.

dora07.jpgDa sinistra a destra: Dans la mer du NordPétrole Hahn

Dapprima assistente di Man Ray, Dora Maar crea nel 1935 il suo studio, 29, rue d'Astorg. Lavora con un apparecchio di marca Rolleiflex. Alcune delle sue fotografie, che si dimentica di attribuirle, sono diventate delle icone della leggenda surrealista.

dora08.jpgSenza titolo, 1934

 

 

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Meret Oppenheim - Dora Maar, Posate in pelliccia, 1936

Dopo aver realizzato delle fotografie di moda sotto la direzione di Harry Ossip Meerson - ritrattista di Marlène Dietrich poi delle maggiori personalita hollywoodiane - e delle foto di nudi per riviste, Dora Maar a partire dal 1932 si dedica alla sua opera personale. Si constata tuttavia la presenza di invarianti stilistiche che segnano l'insieme dei suoi lavori.

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Assia e la sua ombra, sua sorella nera.

Dora la mostra accompagnata dalla sua ombra. Obesa, gigantesca, più reale e carnale del corpo stesso, è una sorella nera che le sarebbe cresciuta alla maniera di un contrappunto, come una seconda voce pastosa e oscura accanto al timbro di un soprano.

Ombre, deviazione, torsioni, effetti di inquadrature dal basso, di sospensione, di rovesciamento, di caduta, legati all'angoscia della verticalità, drammatizzano, nell'opera di Dora Maar, la visione del reale. I critici, a proposito di quest'ultima, parlano di deformazione dello sguardo, caratterizzata da una specie di barocchismo tragico. Questa deformazione riguarda, non soltanto la visione della città, obliqua, in pendenza, abissale, ma anche quella degli esseri che l'abitano. Robert Desnos pubbica alla stessa epoca Corps et biens, altra manifestazione dell'estetica del naufragio.

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Assia con la maschera bianca, 1934

 

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Barcellona, Mercado de la boqueria, 1934

 

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Parigi, Senza titolo, anni 30

 

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Parigi, Senza titolo, anni 30

 

Ma il pacco, l'ossessione per il pacco!, scrive Alicia Dujovne Ortiz, in  Dora Maar - Prisonnière du regard. Il fagotto informe di una vecchia straccivendola. O il gattone dissimulato in una specie di fodero che un adolescente dallo sguardo scontroso stringe al petto. O le due venditrici di biglietti di lotteria, la prima davanti la Midland Bank, l'altra davanti la Lloyd's Bank; entrambe avvolte in cappe come se esse stesse fossero dei pacchi, entrambe aggrappate a una piccola valigia che anch'esse stringono al loro petto, e entrambe, come il ragazzo con il gatto, avendo nello sguardo la diffidenza più selvaggia: uno sguardo inquieto, torvo, a forza di aver paura.

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Parigi, Senza titolo, anni 30

 

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Spagna, Mendicante cieco, 1934

 

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Parigi, Senza titolo, 1935

 

Ma il pacco, l'ossessione per il pacco! Animale o umano, nudo o impacchettato, qualcosa - carne, o altro - si dà a vedere, nella sua alterità assoluta, come l'insensato radicale. La fotografia suggella qui il suo trionfo della visione esplodente-fissa.

 Condensando e spostando a Barcellona, poi all'Orangerie del castello di Versailles l'inquietante estraneità della sua visone della realtà, Dora Maar realizza, dal 1932 al 1936, una serie di variazioni sul tema ossessivo del corpo che si innarca alla rovescia. Già illustrato nel 1932 da una fotografia scattata a Barcellon - foto rappresentante un ragazzino contorsionista che, inarcando le proprie gambe contro la base del muro, sembra visto di faccia, mantenersi in equilibrio sulla testa -, poi nel 1935 con la foto posta qui in alto, scattata senza dubbio al 29, rue d'Astorg, o dalla foto detta del Simulatore, un ragazzo che si inarca all'indietro, gli occhi bianchi, tra volte invertite, il tema del corpo rovesciato trova la sua espressione più misteriosa sulla foto intitolata Silenzio (1935-1936).

dora18.jpgSilenzio, 1935-1936

La volta della Orangerie del castello di Versailles servì molte volte a Dora Maar per creare una struttura ad elica o a vortice. Pone su questa volta rovesciata tre personaggi che dormono, l'uno appena visibile, l'altro una bambina, e il terzo una donna dal naso forte, dalle labbra semiaperte, tutti e tre distesi sulla pietra ricurva.

 Non riesco ad impedirmi di vedere in Silence (Silenzio) qualcosa come un prolungamento della foto intitolata Père Ubu. Il vortice implica nel suo dispiegamento, a partire dal personaggio appena visibile - elemento di un'analogia di Père Ubu, di cui si dice che, per realizzarlo, Dora Maar utilizzo un feto di armadillo -, la bambina e la donna, le figure successive della metamorfosi a cui il fato biologico destina Dora e le sue sorelle in nuce. Non posso impedirmi di vedere nella donna dal naso forte di Silence una specie di prefigurazione del volto futuro della Dora Maar del 1936. Il futuro viene, anche quando si dorme.

dora19.jpgDora Maar, Autoritratto, 1935

Una delle sue fotografie degli anni 1931-1934 riassume la melancolia di un essere nativamente solitario, che più tardi si ritirerà sulla punta di piedi. Augura ad ogni mod, per mezzo del deperimento del soggetto, l'ulteriore addio alla fotografia.

dora20.jpgImpronte di piedi sulla sabbia, 1931-1934

A partire dal 1936, data in cui inizia il suo legame con Picasso, Dora Maar cessa progressivamente ogni attività fotografica. Lee Miller, alatra pioniera delal fotografia al femminile, realizza in compenso numerosi ritratti di Dora.

dora21.jpgPicasso e Dora Maar a Mougins, 1936

Dora Maar inizia a dipingere sin da allora, dapprima sotto l'influenza di Picasso, poi, in modo sempre più risoluto, sotto la spinta della necessità interiore. Cubist Still Life, è un olio su tela che testimonia dello stile di questo periodo. Si ritroverà, in modo più discreto, la deviazione dei segni verticali.

dora22.jpgNatura morta cubista

 

dora23.jpgPanorama della città, 1944

Dopo la catastrofe psichica del 1945, la cura di elettroshoc a Sainte-Anne, l'ufficializzazione della rottura con Picasso, Dora Maar cambia stile. Dipinge essenzialmente delle vedute dalla riva della Senna e paesaggi del Lubéron.

 Non erano più le forme angolose o geometriche e la materia secca e spessa copiate da Picasso. Le cose erano ora trasparenti e piene di vento. Era come se la materia ignea che la riempiva fosse diventata blu pallido, si fosse bleu pâle, s'était allegerita ma che restasse all'interno dei suoi limiti. Le sue nature morte e i suoi alberi a forma di pallone sembravano gonfiati da un soffio, detto altrimenti, uno spirito.

dora24Paesaggio del Lubéron.

A partire dal 1950, Dora Maar si rinchiude nella propria abitazione, in rue des Grands-Augustins. Non si sa più nulla del suo lavoro di pittrice. Si è a lungo creduto che l'avesse abbandonato. Lo si riteneva di fattura mediocre, addirittura d'ordine puramente terapeutico.

 Dopo la morte di Dora Maar nel luglio del 1997, è giunta la sorpresa, nel 1998-1999, dalla dispersione dei beni accumulati nell'appartamento di rue des Grands-Augustins. Si scopre allora la ricchezza dell'opera posteriore al 1950.

dora25.jpgComposizione, tempera.

Alcune delle opere rappresentative dell'ultimo periodo di Dora Maar sono accessibili in rete: dei guazzi, presso Klaus Huber; degli inchiostri, degli oli, presso Borghi. Esse sono ammirevoli.

dora26.jpgSenza titolo, olio.

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

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