In attesa delle giuste celebrazioni che vi saranno nel mondo colto per il primo centenario del grande movimento Dada di arte totale, intendiamo parlarne con un grande anticipo di modo che giungendo la fatidica data molti non siano presi alla sprovvista grazie al mio blog.
La sintesi secondo Jarry
Essere e Vivere
Il testo Être et vivre [Essere e vivere], apparso in L’Art littéraire nel marzo-aprile 1894, può forse essere concepito come una matrice delle diverse teorie di Jarry. Questo testo pieno di contraddizioni reca in sé le principali tensioni che animano in seguito l'opera di Jarry- in cui, per dirlo in modo più obiettivo, si possono leggere queste tensioni in questo testo una volta che si conoscono gli sviluppi dell'opera di Jarry. Si tocca qui uno dei problemi principali dell'interpretazione: il semplice fatto di considerare un testo come facente parte delle opere complete di un autore modifica, attraverso questo contesto, il senso possibile che gli si può attribuire. Lo vedremo, la possibilità di questa forma di diffrazione semantica all'opera presso Jarry, che cerca di rendere i suoi testi anteriori i più polisemantici possibili, è precisamente ciò che interessa il giovane autore. Seguiremo dunque qui alcuni fili interpretativi possibili a partire di questo testo-nucleo, che Jarry sembra aver presente nello spirito quando scrive, e di cui il "Linteau" [Architrave] di Minutes de sable mémorial sembra il riflesso più cosciente.
"Être et vivre". L’Art littéraire, nuova serie, n° 3-4, mars-avril 1894, p. 37-41.
m. ubu: Vi piace parlare così, signore, ma state parlando ad un grande patafisico.
achras: Scusate, signore, come ha detto?...
m. ubu: Patafisico. La Patafisica è una scienza che abbiamo inventato, e di cui il bisogno si faceva generalmente sentire.
Écho de Paris
du 23 avril 1893.
In principio era il Pensiero? oppure in principio era l'Azione? Il Pensiero è il feto dell'azione, o piuttosto l'azione ormai giovane. Non introduciamo un terzo termine il Verbo: perché il Verbo non è che il Pensiero percepito, sia da colui che essa abita, sia dai passanti dell'esteriorizzato. Ma notiamolo tuttavia: perché fatto Verbo il Pensiero è fissato in uno dei suoi istanti, ha una forma- poiché percepito- non è dunque più embrione- più embrione dell'azione. -L'Azione, occorre che all'inizio sia, per lo svolgimento degli atti del presente e del passato. Essa era, essa è, essa sarà nei minuti della durata, attraverso l'indefinito discontinuo. -Il Pensiero non era in principio, perché È fuori del tempo: esso secerne il tempo dalla sua testa, il suo cuore ed i suoi piedi di Passato, di Presente e di Futuro. Esso è in sé e per sé, e scende verso la morte scendendo attraverso la Durata.
"È meglio vivere", rispondo a tutto gli idolatri della moda. Lesteven, morto in bellezza volontaria, tu li rifiuti con il tuo balzo scimmiesco; e voi, scheletri che annusate mitrie vescovili con i vostri nasi piatti, sdegante questa banalità, abituale ed allo snob ed al borghese sferico. Non vivete- malgrado la testimonianza dei terrorizzati che vi proclamano loro passati compagni di strada-, non lo negate, non vivete, non c'è del male in questo, voi fate di meglio, voi Siete.
L'Essere, sotto-supremo dell'Idea, perché meno comprensivo del Possibile, è ipoindefinibile. Accontentati, cervello mio dai lucenti lobi, di questa intuizione, la fraternità dell'Essere e dell'Eternità. L'Eternità, l'incontrario del Vivere, lo distrugge. Dunque anche l'Essere, pari all'Eternità.
Ora, definiamo il suo antipodo provato, il Vivere.
Vivere è atto, e le sue lettere non hanno che il senso del delirio di un maggiolino rovesciato. Vita uguale azione di succhiare il futuro attraverso il sifone ombelicale: percepire, e cioè essere modificato, rafforzato, rivoltato come un guanto parziale; essere percepiti anche, cioè modificare, distendere tentacolarmente il proprio corno ameboide. Perché è e dunque si sa che i contrari sono identici.
ESSERE, slacciare il basto di Berkeley, è reciprocamente non percepire o essere percepiti, ma che il caleidoscopio mentale iridato SI pensi.
VIVERE: discontinuo, impressionismo seriale.
ESSERE: continuo, perché inesteso (non si districano più i componenti di 0 dall'∞).
Di conseguenza:
Quando l'essere diventa il Vivere, il Continuo diventa il Discontinuo, L'Essere sillogisticamente il Non-Essere. Vivere = cessare di Esistere.
VIVERE, ricordiamolo, va inteso vita di relazione, vita nella custodia di chitarra del tempo che ne è lo stampo; ESSERE, vita in sé, senza queste forme anortopediche. Vivere è il carnevale dell'Essere.
Un vivente interseca la la vostra Perennità: verserà il vino del suo Tempo nel vostro Cristallo fuori-forma. Non vi modifica come possibile soltanto se - contrariamente alle cose note- una sola particella di lui vi unga (abitudine forse di Mitridate).
Assimilatelo, affinché il vostro timore cessi.
O che sparisca. Perché l'Essere ed il non-Essere sono molto vicini, accomunati come sono da un elemento. Insinuato in voi, sarà tramutato nella vostra sostanza; espulso fuori di voi, sarà creduto vostra escrezione.
L'Anarchia è; ma l'idea scade se si risolve in atto; l'Atto dovrebbe essere imminente, quasi* asintoto. [*Sempre. E per questo nessun altra preoccupazione che di intrattenere il forno degli Atti]. Vaillant predestinato dal suo nome volle vivere la sua teoria. Invece del Mostro inconcepibile, fu palpabile ed audibile la caduta non in spaccata di uno dei sonagli del suo allegro berretto. E tuttavia egli fu grande. -Benché fosse contrario all'Essere. - Perché l'Essere è migliore del Vivere. Ma- casuistica lecita - per pace della mia coscienza glorificando il Vivere voglio che l'Essere sparisca, risolvendosi nel suo contrario. Giorno e notte successivi che si evitano abilmente, semi-toni, coincidenti li ho in abominio; e riverisco l'ascensione luminosa soltanto di uno dei due.
I miei congegni non sono costruiti; ma prima che l'Essere sparisca voglio appuntarmene i simboli - e non cimbali, malgrado la rima futura, come ha rischiato di scrivere (e con ragione, come ben saprete) la mia penna fallace - che per i bambini - fu un buon padre ed un buon sposo- si inciderà sulla sua pietra tombale.
Simboli dell'Essere: due Occhi Nictalopi, cimbali infatti appaiati, di cromo circolare, perché identico a se stesso; - Un Cerchio senza circonferenza, perché inesteso; l'Impotenza dei pianti di un cuore, perché eterno
Ogni omicidio è bello: distruggiamo dunque l'Essere. - Con la sterilità. Ogni organo in riposo si atrofizza. L'Essere è genio: se esso non eiacula, muore. Ma le Opere ex-altano le barriere, benché io sdegni di tendere loro, alla loro caduta, grazie alla mia voce l'ansietà dei timpani altrui. -Con lo stupro; inconsapevole dell'ambiente e della frequentazione degli Uomini, della lettura delle Opere e lo sgaurdo circolare delle Teste. Benché l'azione e la vita siano scadimento dell'Essere e del Pensiero, esse sono più belle del Pensiero quando consapevoli o non esse hanno ucciso il Pensiero. Dunque Viviamo e con ciò saremo Maestri. - Laggiù, sugli scaffali, esse non vivono affatto, ma il loro pensiero non recita affatto per essi- che esso soltanto può capire- Genio, sui tre circoli stridulenti dell'avorio del loro ventre irreale?
Il numero di L’Art littéraire di marzo-aprile 1894 è dedicato ad una riflessione collettiva sull'anarchismo, dopo l'attentato di mars-avril 1894 di Émile Henry al café Terminus il 12 febbraio. La domanda che si pongono i letterati tentati dalle dottrine libertarie è la seguente: bisogna passare all'azione? Louis Lormel spiega che gli scrittori non sono "anarchici nel senso di Émile Henry", e che poco importa loro "dell'affrancamento del maggior numero": essi sono individualisti e "nemici del popolo", per riprendere il titolo dell'opera teatrale di Ibsen che era stata letta alla luce delle dottrine anarchiche. È questa domanda dell'implicazione politica degli artisti che Jarry riprende nel suo saggio, domanda che era già stata posta, in termini simili, da Baudelaire: "azione e intenzione, sogno e realtà" sono due forse contraddittorie dell'Homo duplex; l'azione, politica o sociale, tende a negare l'ideale, essa "non è la sorella del sogno". Baudelaire aveva ripreso questo dilemma, sotto un'altra forma, in la Chambre double dei Petits Poèmes en prose, dove si pone la stessa opposizione che in Jarry tra Pensiero e Vita, il sogno senza forma del laudano con la vita abominevole. Nella camera spirituale, "non ci sono minuti, non ci sono secondi! Il tempo è scomparso; è l'Eternità a regnare"; una volta che il narratore ricade nella realtà, "l'implacabile Vita" riprende il sopravvento, ed "il Tempo regna".
"Essere e vivere" si iscrive dunque in una tradizione di messa in parentesi dello scrittore in rapporto alla vita della città. Gourmont era egli stesso ritornato su questo problema nel Mercure de France nel marzo del 1894, ponendo la domanda del valore "morale e sociale" dell'idealismo e della sua possibile realizzazione effettiva nell'anarchismo o il dispotismo in un articolo intitolato, Dernière Conséquence de l’Idéalisme [Ultima Conseguenza dell'Idealismo]. Ora è soprattutto al suo mentore che Jarry impronta le sue riflessioni, perfino la progressione del suo pensiero- ne è prova la citazione testuale di Gourmont in "Essere e vivere": la "Vita di relazione" è il titolo del secondo capitolo dell'articolo di Gourmont. Riassumiamo rapidamente, per meglio afferrarlo, il testo di Jarry, che si inscrive deliberatamente attraverso la sua epigrafe nella categoria delle riflessioni patafisiche (senza che questo termine sia ancora definito).
Jarry comincia con l'opporre Pensiero e Azione, Essere e Vivere, in una riflessione improntata ad un vocabolario filosofico molto marcato. Il pensiero sembra a prima vista precedere l'azione: è l'azione allo stato fetale, una specie di azione potenziale, ancora non realizzata, libera di schiudersi in tutte le direzioni. Ma ecco un primo paradosso: l'azione precede il pensiero perché il Pensiero è fuori del tempo. Forma assoluta immanente, Il Pensiero è eterno, e si oppone con ciò all'Azione; che è vita nel mondo. La proposizione si riduce in seguito all'Essere, che è una forma inferiore del Pensiero o dell'Idea, inferiore perché già determinata, mentre il Pensiero è pura potenzialità. La morte, una delle forme dell'Essere, è preferibile alla vita, perché pone gli esseri fuori del tempo e li fa sfuggire alla corruzione. L'Essere si oppone al Vivere come il Pensiero all'Azione: l'Essere è un modo di esistenza inesteso, immanente, continuo, mentre il Vivere è un modo d'esistenza nella relazione all'altro ed al mondo. Ritroviamo qui un elogio dell'egoismo dello scrittore simbolista, che rifiuta di mischiarsi nella folla per non turbare l'unità della sua monade perfetta: Jarry, attraverso l'opposizione tra Essere e Vivere, non fa in definitiva che ripetere gli schemi delle condizioni di comunicazione secondo Villiers o Gourmont.
Il seguito del saggio permette infatti di comprendere che tutti questi discorsi astratti hanno come scopo di valorizzare la solitudine dello scrittore, costruendo un'immagine dell'autore come anarchico del pensiero, puro spirito immanente che rifiuta di confondersi con l'altro, incarnazione della parola orfana. Con l'immagine del "Cristallo fuori forma", Jarry simbolizza il lettore che accetta di ricevere il "vino" del pensiero d'altri in sé; si tratta di proporre un metodo per evitare questa penetrazione dell'altro in sé, per impedire un pensiero esterno di turbare l'unità del suo spirito. L'influenza di Gourmont sembra qui evidente: nell'articolo da cui Jarry ha tratto l'espressione "vita di relazione", Gourmont scrive:
Lasciando l'io che mi è noto (almeno per definizione), voglio, per istruirmi e sapere come e da cosa sono limitato, studiare l'oggetto cioè l'ipotesi del mondo esterno; l'oggetto si intreccia a me ma nel modo dell'acqua che entra nel vino, modificandolo, ed una tale modificazione o anche meno negativa, o anche positiva, non può lasciarmi indifferente.
Per l’intelligenza limitata, le condizioni del pensiero sono tutte diverse; essa ha bisogno dell'eccitazione dell'urto esterno. Ridotta a sé, èil prigioniero del segreto. In questo caso, il pensiero si riassorbe e, non vivendo più che autosostanzialmente, si divora sa sé e si risolve nel non-pensiero. Il pensiero d'altri è lo specchio stesso di Narciso, e senza il quale si sarebbe ignorato eternamente.
Nietzsche, il negriero dell'idealismo, il prototipo del neronismo mentale, riserva, dopo tutte le distruzioni, una casta di schiavi sulla quale l'io del genio può provarsi la propria esistenza, esercitando ingegnose crudeltà. Anch'egli vuole che lo si conosca e che si approvi la sua gloria di essere Frederich Nietzsche, - e Nietzsche ha ragione.
Dio, avendo pensato il mondo, lo creò, perché, creandolo, esteriorizzasse il pensiero attraverso il quale sarebbe a sua volta stato pensato e creato. Dio stesso ha bisogno di gloria.
L'uomo più umile ha bisogno di gloria: ha bisogno della gloria adeguata all asua mediocrità. L'uomo di genio ha bisogno di gloria; ha bisogno della gloria adeguata al suo genio. [...] Pensato dagli altri, l'io acquisisce una coscienza nuova e più forte, e moltiplicata secondo la sua identità essenziale. [...] Lo Stilita vive solo sulla sua colonna, ma ha bisogno della folla di pellegrini che si accalca ai piedi della sua colonna; ha bisogno del saluto di Teododio; ha bisogno della vana freccia di Teodorico.
Senza il pensiero che lo pensa, lo Stilita non è che una palma nel deserto.