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14 dicembre 2008 7 14 /12 /dicembre /2008 14:25



007.jpg

Frontespizio di Tournevire, l'opera che presentiamo in prima traduzione assoluta in italiano

edita dalle Edition de "L'Esprit Nouveau", nel 1919.










006.jpgIllustrazione all'opera della Arnauld disegnata
appositamente dal pittore cubista Henri Laurens.







 

 

II

 

DAGLI APPRENDISTI

 

 

Alle 7 precise tutti gli invitati arrivarono.

L’Orco li contò da destra a sinistra,

Matassin da sinistra a destra

Due posti restarono vuoti.

Secondo le convenzioni mondane si doveva

arrivare in orario: I due coperchi furono tolti.

Venne portato un grande pezzo di carne tutto

legato e fasciato come un neonato.

Qualcuno cercò un tovagliolo e non

trovandolo tastò dal lato della tavola ma essendo

stato ancora una volta deluso, si passò la mano apatica-

mente sulla fronte.


 

La padrona di casa aveva promesso un discorso

sulla distruzione dei parassiti negli alloggi

degli artisti.

Il pezzo di carne sembrava muoversi.

L’Uomo Nero prese il coltello; alcune

gocce di sangue scaturirono dalla ferita appena

aperta. Ma invano.

L’atleta intervenne La tavola si divise in due

Il bambino cadde tra le zampe dell’Orco.

Bussano…

Sssst

Silenzio

Non apriamo

Sono loro, ancora loro, maledetti!

gemeva l’Uomo Nero

Spranghiamo la porta

Soprattutto non parlate

L’orso bianco si passò la lingua sulle gengive

con un tale fracasso che i colpi alla porta non

cessarono più.

– Aprite dunque amici miei

Luciole è sparita questa mattina rapita da un torna


 

do. L’ho cercata in ogni dove – ho avvertito il commis-

sario – niente.

Il sole…

Ancora il suo sole.

dissero a voce bassa Matassin e l’Uomo Nero.

– Il sole è apparso poco dopo – ma era

già stata rapita.

Allora mi sono tuffato nell’acqua per ripescare il suo

sguardo. Una rana puerpera di due perle.

mentre un verme luminoso saliva

verso il mio collo

Ho voluto fuggire

Ma il collare di corallo era troppo stretto

Ho guardato in fondo ai suoi occhi e soffocavo

La pagaia prelevò le perle del suo collare

E l’angelo Azariel febbricitante ed irrequieto

incombeva sui miei dispiaceri

Il vecchio artista lanciò uno sguardo altezzoso verso

l’Orco. Il buffone rifletté un istante e credette di vedere

dietro i vetri la fata Morgana, quella che con

Mirador aveva una volta contemplato il sole in faccia.

Si precipitò verso la porta.

Gadifer gli sbarrò il passo.


 

–Sono il solo amico di Luciole e di Mirador; ci

siamo conosciuti in culla. La fata Morgana ci

ha incantato tutti e tre e legati con un filo di seta

forte quanto l’amicizia.

L’orso bianco passò la sua zampa dietro l’orecchio

si grattò si leccò le labbra e, per prendersi una

piccola soddisfazione, inghiottì un pezzo di carta

in cui era un poema trasposto in pittura.

La porta cedette infine e Mirador si precipitò

tra le braccia di tutti.

Non aveva ancora fiuto

Un vento ostile e insoddisfatto soffiò dal

camino.

La fata Morgana passò su di una corrente d’aria dalla

sala da pranzo alla cucina ed andò a piazzarsi nel

rubinetto sopra il lavandino.

– Voglio divertirmi,

gridava la padrona di casa

oggi è la mia festa – mi chiamo Cantanette

Mirador avanzò con fiducia in mezzo alla stanza:

Amici miei

Luciole dopo una notte d’insonnia e di febbre è


 

scesa dal suo letto rapida e agile come una lepre,

Si è affacciata alla finestra aperta, ansiosa e

scrutando il risveglio del sole…

L’astro maledetto, stanco senz’altro per aver cacciato

le lunule di stella in stella, non voleva mostrarsi.

Era dietro la casa quando il tornado la rapì.

Dal rubinetto chiuso male, delle gocce di vino si spar-

sero sul pavimento.

Un grande frastuono si produsse sul soffitto. Il candeliere

cadde con fragore ai piedi di Mirador.

Era il cannone?

E Luciole che fluttuava nell’aria…

Tutti scappavano.

Ma infine, questo giovane maledetto portava la

sfortuna con sé…                         ovunque!

La sua condanna era scritta su tutti i volti.

L’avvenire volò via in uno sguardo minaccioso dal

tubo del camino.

Un consiglio muto ebbe luogo dietro Mirador e

senza sapere perché egli piegò le spalle.

Il peso del suo corpo era pesante in questa

casa.


 

In un ultimo movimento di disperazione lanciò

lo sguardo al cielo.

Ma cosa era dunque?

Dallo squarcio spalancato del soffitto l’astro scendeva

verso lui.

Dietro la porta, il vecchio artista aveva visto un lucore.

L’occhio restava minaccioso

Al rubinetto delle gocce di sangue

Sul pavimento uno specchio

Il giorno scacciava la sera.

Mirador volle chiamare aiuto nella

camera              nessuno.

Le semisfere entrarono l’una nell’altra.

La fata Morgana dalle trecce dorate era là la sua

testa toccava il soffitto. Sulle sue braccia Luciole ad-

tormentata sognava.

A questa nuova apparizione tutti gli invitati

rientrarono.

– Sono quello che hai incantato – quello che sa

amare – quello a cui hai affidato il dono dell’amicizia,

gridava Gadifer,

lascia la mia mano


 

Sono il maggiore dei tre – quello a cui hai offerto la

scatola dall’anima di metallo ed il Pierrot fosforescente.

Quando giocavamo a nascondino nella Casa del

Sentiero – ero io che per primo trovavo tutti i

nascondigli.

Voglio lo specchio d’argento.

– Sono stato io a divorare tutte le zanzare –

quando dormivi distesa sull’erba – sulla riva dello

stagno secco,

diceva l’orso bianco

A me lo specchio d’argento.

– Ti ricordi – un giorno quando, addormentata sulle

rotaie, sono arrivato nel momento in cui il treno stava per

passarti sopra. Con un sol dito ho scaraventato la locomo-

tiva nel fosso,

sussurrava l’atleta.

Merito lo specchio d’argento.

– La mia vista è debole e storta

Diceva Matassin

Non ho mai potuto guardare il sole in faccia… ma di

lato. Sempre fedele, ti ho avvertita di tutti i tra-

dimenti grazie al mio sguardo scrupoloso!

Dammi lo specchio d’argento.

E tutti vennero a farsi valere a turno:


 

– Ti ho dedicato degli alessandrini alla tua nascita.

– Ti avevo fatto un ventaglio con tutte le piume del

pavone. Lo trovasti al tuo risveglio – un giorno – quando,

addormentata sulle rive del lago di Parc Montsouris, il pavone

geloso delle tue trecce voleva fartele togliere dal

becco delle anatre.

– È Cantanette la più allegra di noi,

dicevano le donne.

Poi, a voce bassa all’orecchio della fata:

Luciole nella sua cattiveria ha maledetto Gadifer dopo

avergli rubato la scatola dall’anima di metallo – A Cantanette,

ha preso due perle blu che porta bei suoi

capelli – a me, una spilla di corallo – a Micheline,

un braccialetto a forma di luna.

Tutte le voci gridavano:

“A noi, lo specchio d’argento.”

La fata dissipò una nuvola che si era posata davanti

ai suoi occhi.

L’atleta apparve – giocherellò con la palla che, leggera

come il mattino, uscì dal buco sul soffitto.

Mostrò le sue mani vuote alla folla.

Il narratore chiese un bicchiere d’acqua fresca.

In cielo l’astro apparve. Ed il suo primo raggio

Andò a posarsi sulla fronte di Luciole addormentata.



[CONTINUA]

 



[Traduzione di Elisa Cardellini] 

 

Link all'opera originale:

Tournevire

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29 novembre 2008 6 29 /11 /novembre /2008 16:23

Dell'autrice della presente opera, Céline Arnauld,  e dell'opera stessa che presentiamo in prima traduzione assoluta, avremo modo di parlare. Possiamo asserire con assoluta certezza che essa sia del tutto sconosciuta nel nostro paese e, persino nel suo, non è che goda di grandissima e conclamata fama. Eppure sia lei che suo marito, Paul Dermée, furono due attivissimi membri del movimento dada parigino della prima ora ed entrambi furono attivi nel creare riviste e opere letterarie se non di un livello eccelso perlomeno estremamente gradevoli e originali resi ancor più interessanti inoltre per il tempo trascorso dalla loro pubblicazione che ne fa inevitabilmente dei documenti storico letterari meritevoli di essere conosciuti.

 

 

È appunto quanto ci riproponiamo con la presente traduzione.

 

 

 

  007.jpg

 

Frontespizio di Tournevire, l'opera che presentiamo in prima traduzione assoluta in italiano, edita dalle Edition de "L'Esprit Nouveau", nel 1919.

 

 

 

 

 

006.jpg

Illustrazione all'opera della Arnauld disegnata appositamente dal pittore cubista Henri Laurens.

 

 

 

 

 

 

 

 

I

 

AL TEATRO DEI NEONATI

 

 

 

– Presto – Presto sbrigatevi.

Sempre lamentele! Ah, sì – il sole. Che

immaginazione avete

Il sole – bello – color rame – fondo di pentola.

Lasciate dunque tutto e non dimenticate che bisogna

piangere e ridere allo stesso tempo oggi – soprattutto ridere

– Ridere!

Mirador si voltò verso colui che parlava.

– Ascoltatemi! Luciole è morta di freddo alla

fine di questo pallido inverno e la primavera stanca di aspettare è

morta anch’essa.

– Ah! L’inverno! Ma, figlio mio, il freddo dura

quanto l’inverno stesso – e quando l’inverno se ne va, finito il

freddo!

Ma visto che l’amate così tanto il sole, perché

non gli siete corso dietro?

 

 

Tutto ciò non significa nulla. Pensate a quanto vi

ho detto: piangere e ridere allo stesso tempo – soprattutto ridere. In quanto

a Luciole… andate dunque! Cantanette è là e lei

sa ridere.

Mirador avanzò furente stringendo i pugni

Delinquenti – Delinquenti

Non vedeva più chiaramente sangue nell’aria e

vendetta ovunque.

La mia Luciole è morta.

Il sipario rosso lentamente si divide in due,

ponendosi ad ogni lato dell’entrata, come due

gendarmi all’arrivo del re.

Davanti Mirador una folla screziata di nero e

di bianco aspettava angosciata.

Dietro di lui qualcuno gli ridacchiò all’orecchio:

– Al paese del Sole

Un soffio ardente

                          È lui

                                    l’astro che voleva

bruciarlo vivo dandogli in una volta il calore

destinato all’altro

– Signore!

 

 

Questo grido di disperazione era uscito dalla bocca

di un miscredente. Sull’orlo dell’abisso

credeva

L’Orco, le mani sui fianchi, aspettava il

segnale per sbranare qualcuno.

Dall’altra parte della balaustra, un orso bianco

si passava una lingua sottile quanto un petalo di

rosa sulle labbra.

C’era anche un vecchio artista roso d’orgoglio

ma che la sconfitta aveva reso così buono, così indul-

gente che lo si era scelto come domatore di ani-

mali. Sola figura umana scoprì il mio occhio

nascosto nel grande astro che serviva da decorazione.

Il buffone Matassin spostava la sua testa troppo

pesante sulle sue spalle guardando di lato, mai

in faccia, perché gli sembrava che l’astro era vivo,

per quanto brillasse.

E quando a suo modo ebbe indovinato l’enigma, egli

avanzò verso il centro della scena, guardò a lungo

la piccola testa di cera, si piegò, pose un bacio

 

 

sulle palpebre chiuse e se ne andò emettendo

un sospiro di sollievo.

Aveva malgrado tutto una bella anima.

Giunto vicino all’astro, uno sguardo lo bruciò così

tanto, che se non avesse messo la sua mano al suo orecchio,

ciò gli avrebbe portato sfortuna.

Sul letto tutto disfatto ancora dall’agonia, la

testa di Luciole riposava in mezzo a girandole

funebri.

Un velo bianco ricamato di perle nere gli

Ricadeva sulle orecchie. I capelli erano stati

tagliati perché il loro peso aveva sedotto l’Uomo Nero.

Un merletto fine quanto l’aurora avvolgeva

questo povero corpo che aveva fatto tanto soffrire

Gadifer il giullare.

C’erano anche delle donne: quella che aveva tanto

desiderato e criticato il merletto dalle perle

nere, si avvicinò, pose un bacio in punta di

labbra sulla guancia destra, accarezzò un’ultima volta

l’oggetto della sua bramosia in segno d’addio e partì

tentando di commuoversi.

 

 

Un’altra pose un bacio sulla guancia sinistra

E quando fu ben sicura che Luciole non si muovesse

più se ne andò a testa bassa per nascondere

la sua gioia.

Ma per quella che sosteneva di aver molto amato

Luciole il dolore fu d’obbligo. La abbracciò

sulle due guance, e credendosi commossa, avanzò a

testa alta verso l’astro.

Le lacrime non scendevano. Sulla decorazione una

smorfia.

L’occhio ingrandendosi

divenne nero

al suo posto

uno specchio

Si portò rapidamente la mano alla bocca

Orrore

Il fard dei primi baci era colato sulle sue labbra

Mirador diede uno sguardo rapido intorno a sé

– Era dunque vero?

Luciole qui su questo letto

Immaginazione

Immaginazione figlio mio

Guardate dunque il sole.

 

 

Si volse verso l’astro, avanzò con lo sguardo mi-

naccioso

L’occhio rimase oscuro

Sullo specchio gocce di sangue. Sul bordo

della scena come sul bordo dell’abisso invocò

il nome di colui da cui aspettava la consegna.

– Signore!

Luciole è pallida

Un frammento di ghiaccio si è sciolto sui suoi occhi e

Non può più riaprirli.

Ghiaccioli pendono dalle sue palpebre – lacrime

scivolano sulla sua guancia color luna.

Il sole era in viaggio verso il paese degli Arlecchini e

delle rondini monache. È tornato oggi

bruciato e rosso di calore – ma la mia povera Luciole

è diventata pallida.

Un frastuono terribile si produsse nel retroscena

Il sipario rosso si divise in due

Nessuno sulla scena

Nell’astro l’occhio divenne smisuratamente grande.

Apparve un atleta.

Due semisfere rotolarono sul pavimento.

 

 

L’occhio apparve nudo e chiaro ed andò a posarsi sulla

fronte di Luciole addormentata. 

Con un movimento lento toccò la mano di

Colui che credendosi cieco

Vedeva più chiaro dell’occhio astrale

In un calesse trainato dall’orso bianco e

l’Orco se ne andarono in quella maledetta foresta di

Marly, dove un tempo il

RE   SOLE

voleva superare il sole

Era lì

in un giorno di bel tempo che Gadifer

con gli occhi febbricitanti, seguì con lo sguardo una biscia

che passò rapida come una stella filante.

Ed era sempre lì che un giorno di primavera

un’anima in pena errava tra le felci. Ma,

stanca di cercare il riposo, andò ad addormentarsi sulla

vera del pozzo reale

Al suo risveglio

il secchio risalì pieno di un’acqua

santa che aveva battezzato la nascita di un poeta

 

Ora nella gloria del sole di maggio

Luciole e Mirador si insediarono sulla parte più

elevata della foresta.

Ai loro piedi l’Uomo Nero si torceva dalla

fame il vecchio artista si tormentava il cervello per

trovare un alessandrino.

Il buffone Matassin cercava di trovare la

chiave dell’enigma. Guardando di lato,

avanzò dritto davanti a sé ed andò a porre il suo orecchio

ai piedi della montagna.

 

Nell’astro, l’occhio rimase nero

 

In fondo al pozzo

 

La luna piangeva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Traduzione di Elisa Cardellini] 

 


 Céline Arnauld, Giravolta, 1919, "Dagli apprendisti", 2^ parte.

 

LINK all'opera originale:

Tournevire

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