Il movimento Dada
Marcel Janco, Maschera - 1919
Non c'è mai stato nulla di tutto ciò né gli anni che seguirono
Vi dico che siamo morti nei nostri indumenti da soldato
Il mondo come una vettura è affondato come una nave
Versailles spartitevi tra di voi le vostre apparenze di Imperi
Compagni infernali, sappiamo al contempo soffrire e ridere
Non c'è mai stata né la pace né il movimento Dada
Louis Aragon, Le Roman inachevé
Un mondo minaccioso e minacciato: il dadaismo e la guerra del 1914
Come sottolinea Stefan Zweig nella sua autobiografia, Le Monde d'Hier, la guerra del 1914 scoppia come un tuono in un cielo estivo. L'Europa vive un'epoca di relativa sicurezza liberale e nulla lascia intravedere la rapidità e la violenza del cataclisma. Se i poeti e i pittori espressionisti annunciano nelle loro opere (le poesie di Georg Heym, le tele di Franc Marc) che la guerra potrebbe essere lo sbocco dei conflitti degli imperialismi tedesco e francese, essi non rappresentano però che delle eccezioni.
Gli scrittori di allora si dedicano piuttosto alla rappresentazioni dei fasti della vita borghese e magnificano la sua decadenza (Stefan Zweig, Thomas Mann), i più critici cercano nel naturalismo erede di Zola e di Ibsen, il mezzo di fare della letteratura, del teatro così come della pittura, l'espressione di contraddizioni sociali che si vanno accentuando. La Belle Epoque è un mito vivo tanto a Vienna o a Parigi quanto nella capitale prussiana dell'imperatore Guglielmo II. Per la sua particolare situazione, la sua evoluzione rapida, trepidante, Berlino è forse la sola città d'Europa che per il suo pessimismo artistico intravede l'apocalisse.
La gioventù di origine borghese si ribella contro i valori imperiali, si emargina formando una scapigliatura (bohème) artistica (più ricca e politicizzata a Berlino che a Monaco) che, nei caffè, per mezzo di poesie e incisioni, tele o opere teatrali, afferma la sua angoscia di fronte al mondo futuro. Ma con la sua fede negli ideali umanitari, nella capacità d'inventare una nuova realtà a partire dall'interiorità, l'espressionismo esalta il messianismo e l'utopia. "L'uomo è buono" affermano numerose poesie dell'epoca. E mentre le minacce si accumulano, poeti e artisti sognano una fraternità universale (Menscheitverbruderung).
In Francia, dopo il clamore del caso Dreyfus, dopo le seduzioni e l'agitazione dell'Esposizione universale, l'ondata di anticlericalismo, i giovani sono più divisi che in Germania, attirati al contempo da un'ondata di xenofobia, dal nazionalismo (Charles Maurras, Maurice Barrès), la credenza nel progresso sociale (Jean Jaurés, Anatole France). Il proiettile che attraversa il café du Croissant, uccidendo Jaurès, non basta a lasciar presagire il dramma. Luglio risuona dei tanghi e delle parate militari. E' allora che una generazione si ritroverà presto trasformata in "ombre blu".
Atteggiamenti dei socialisti tedeschi e francesi
Mentre l'Internazionale socialista sembra considerare la guerra come impossibile, basteranno pochi giorni, poche settimane, affinché si profili da una parte e dall'altra la "sacra unione". Il manifesto del congresso di Basilea (novembre 1912) mette in guardia i governi contro la tentazione dell'imperialismo e della guerra.
Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg hanno preconizzato per una simile evenienza, lo sciopero generale. Il 2 agosto 1914, la direzione dei sindacati tedeschi considera tuttavia la guerra come inevitabile. Il 4 agosto, gli eserciti tedeschi penetrano in Belgio e la socialdemocrazia tedesca vota unanimemente i crediti di guerra. Il deputato socialista Karl Liebknecht, ha ceduto anch'egli in un primo tempo. Si dovrà attendere il 2 dicembre 1914 affinché una frazione della sinistra socialista si riprenda e che Liebknecht li rifiuti, il 20 marzo 1915. In Francia, altrettanto disorientata quanto i loro compagni tedeschi, i socialisti tradiranno gli ideali della loro giovinezza e assumeranno gli stessi slogan nazionalistici.
Atteggiamento degli intellettuali
Sin dal 22 settembre 1914, il Journal de Genève inizia la pubblicazione di articoli di Romain Rolland che si dichiara "al di sopra della mischia". Intorno a lui si riuniscono ben presto tutti gli oppositori alla guerra. Henri Guilbeaux che dirigerà a Ginevra la rivista pacifista Demain; Marcel Martinet, poeta proletario, autore di una poesia "A nos frères inconnus les poètes allemands" e più tardi condannato a morte in contumacia; Yvan Goll, espressionista della Lorena, che considera la Francia e la Germania come le sue due patrie spirituali; il poeta Jean Jouve. Sono raggiunti in Svizzera da un certo numero di intellettuali e artisti come René Schickele, Alsaziano, che allo scatenamento delle ostilità ha rischiato di essere arrestato come spia dai Francesi e dai Tedeschi; Il filosofo Ernst Bloch vi scrisse Lo spirito dell'utopia. Molto presto la Svizzera, Zurigo in particolare, diventa il punto di alleanza di tutti coloro che rifiutano di cedere all'odio patriottico, o credere ancora all'ombra di un'umanità.
Eppure, nella maggior parte, gli intellettuali, gli scrittori, gli artisti sono colpiti dalla febbre nazionalista. Se gli scrittori Heinrich Mann, Hermann Hesse, Franz Pfemfert, Leonhard Franck condannano la guerra, quest'ultima ottiene l'adesione di un'ampia parte degli intellettuali. Due mesi dopo l'inizio delle ostilità, mentre la città di Lovanio è saccheggiata dalle truppe tedesche, le rovine si moltiplicano, esce il celebre "Appello alle nazioni civili", più noto con il nome di "Manifesto dei 93", firmato da cinquantotto professori universitari tedeschi e dai più eminenti rappresentanti della vita artistica e letteraria.
Tutti rifiutano le accuse contro la Germania, celebrano nella guerra "una causa giusta e buona" e rendono omaggio all'imperatore. Thomas Mann stesso nel suo saggio Federico e la grande coalizione celebra nella guerra l'elemento "eroico" e "demoniaco dell'anima tedesca", opponendosi a suo fratello Heinrich, ammiratore di Zola, di cui tenta in seguito di confutare le critiche in Considerazioni di un apolitico.
Come l'Internazionale socialista, l'Internazionale artistica è a pezzi. Gli artisti russi di Monaco (come Vassily Kandinsky) rientreranno in Russia. Il poeta belga Emile Verhaeren, idolatrato dai giovani tedeschi, cede anch'egli al nazionalismo. Maurice Barrès lancia appelli alla riconquista dell'Alsazia e della Lorena. Unendosi ai futuristi italiani, Guillaume Apollinaire esclama in tutta incoscienza: "Ah, Dio! Quant'è bella la guerra!".
Il bilancio della guerra, considerato dal solo punto di vista degli artisti e degli scrittori è sconcertante: Blaise Cendrars ha la mano mutilata, Apollinaire non sopravviverà alla sua ferita alla testa, Joë Bousquet rimane paralizzato. Charles Péguy, Henri Gaudier-Brezska e Alain Fournier trovano la morte così come, dal lato tedesco, i poeti Gerritt Engelke, Walter Ferl, gli scrittori Alfred Lichstenstein, Wilhelm Runge, Ernst Stadler, August Stramm, i pittori Franz Marc e August Macke. Cosa dire di tutti coloro che ferirà per sempre, come il pittore Oskar Kokoschka, gravemente ferito alla testa, o distruggerà moralmente, come il poeta austriaco Georg Trakl?
E' in questo contesto drammatico e storicamente determinato che nascerà il movimento Dada. Anche se si possono evidenziare in altri paesi, soprattutto in Italia con i futuristi, delle manifestazioni abbastanza vicine al movimento, Dada rimane inseparabile dalla Prima Guerra mondiale e dagli atteggiamenti di un certo numero di artisti europei, e non soltanto tedeschi, hanno adottato nei suoi confronti.
Se l'espressionismo ha costituito l'espressione la più collettiva e la più coerente della rivolta della gioventù tedesca contro il sistema imperiale, Dada non fu che il grido di rivolta di una parte della gioventù ostile alla guerra. Sotto la sua influenza l'espressionismo si trasforma a volte in attivismo (Ernst Bloch, Franz Pfemfert, Kurt Hiller) o in messianismo rivoluzionario (Ernst Toller). Gli artisti, i poeti che ha segnato diventano dei pacifisti o dei rivoluzionari.
Dada, da parte sua, non troverà in un primo tempo da opporre a questa guerra che la sua violenza, la sua rivolta brutale, il suo nichilismo. Fa del non-senso di un'epoca il suo emblema e si interroga, come Theodor Adorno farà più tardi, se è possibile scrivere ancora delle poesie dopo Auschwitz, sul senso di un'epoca, di una cultura, di una concezione dell'arte che, in un campo come nell'altro, hanno permesso che un soldato di vent'anni affondasse nel ventre di un altro una baionetta con la convinzione di compiere una sacra missione.
I dadaisti: una confraternita eterogenea
Si possono trovare senza difficoltà delle tendenze e manifestazioni dada in un passato vicino o lontano, senza essere obbligati ad utilizzare il nome "Dada" [...]. Ma è di una e una sola di queste manifestazioni che è nato un movimento attraverso quell'alchimia delle personalità e delle idee.
Han Richter
Chi sono i primi dadaisti? Degli artisti, dei poeti, degli scrittori, che soltanto il caso e la guerra faranno incontrare. Di modo che è anche difficile precisare la nascita del movimento dada così come riconoscergli un solo antenato. Raoul Haussmann affermerà in Courrier dada del 1958 di aver incontrato il dadaismo sin dal 1915. Degli storici dell'arte stimano che Francis Picabia, sin dal 1913, ne abbia creato le premesse. Alcuni storici americani lo fanno iniziare a New York, prima di Zurigo, nel 1916. Naum Gabo considera alcune opere russe come anticipatrici del dadaismo tedesco. E' vero che i futuristi italiani, sin dal 1905, hanno pubblicato dei manifesti usando una tipografia molto simile a quella di Dada, senza parlare di Alfred Jarry o di Apollinaire che, a loro modo, annunciano anch'essi la sua sensibilità. Né scuola né gruppo strutturato, Dada è innanzitutto l'incontro effimero di personalità spesso antagoniste che hanno in comune la rivolta contro la guerra e la frequentazione degli stessi caffè di Zurigo.
[Traduzione di Massimo Cardellini]
Jean-Michel Palmier