INEDITO. Antologia. Céline Arnauld, Giravolta, [Tounevire], 1919, "Al teatro dei neonati", 1^ parte.
Dell'autrice della presente opera, Céline Arnauld, e dell'opera stessa che presentiamo in prima traduzione assoluta, avremo modo di parlare. Possiamo asserire con assoluta certezza che essa sia del tutto sconosciuta nel nostro paese e, persino nel suo, non è che goda di grandissima e conclamata fama. Eppure sia lei che suo marito, Paul Dermée, furono due attivissimi membri del movimento dada parigino della prima ora ed entrambi furono attivi nel creare riviste e opere letterarie se non di un livello eccelso perlomeno estremamente gradevoli e originali resi ancor più interessanti inoltre per il tempo trascorso dalla loro pubblicazione che ne fa inevitabilmente dei documenti storico letterari meritevoli di essere conosciuti.
È appunto quanto ci riproponiamo con la presente traduzione.
Frontespizio di Tournevire, l'opera che presentiamo in prima traduzione assoluta in italiano, edita dalle Edition de "L'Esprit Nouveau", nel 1919.
Illustrazione all'opera della Arnauld disegnata appositamente dal pittore cubista Henri Laurens.
I
AL TEATRO DEI NEONATI
– Presto – Presto sbrigatevi.
Sempre lamentele! Ah, sì – il sole. Che
immaginazione avete
Il sole – bello – color rame – fondo di pentola.
Lasciate dunque tutto e non dimenticate che bisogna
piangere e ridere allo stesso tempo oggi – soprattutto ridere
– Ridere!
Mirador si voltò verso colui che parlava.
– Ascoltatemi! Luciole è morta di freddo alla
fine di questo pallido inverno e la primavera stanca di aspettare è
morta anch’essa.
– Ah! L’inverno! Ma, figlio mio, il freddo dura
quanto l’inverno stesso – e quando l’inverno se ne va, finito il
freddo!
Ma visto che l’amate così tanto il sole, perché
non gli siete corso dietro?
Tutto ciò non significa nulla. Pensate a quanto vi
ho detto: piangere e ridere allo stesso tempo – soprattutto ridere. In quanto
a Luciole… andate dunque! Cantanette è là e lei
sa ridere.
Mirador avanzò furente stringendo i pugni
Delinquenti – Delinquenti
Non vedeva più chiaramente – sangue nell’aria e
vendetta – ovunque.
La mia Luciole è morta.
Il sipario rosso lentamente si divide in due,
ponendosi ad ogni lato dell’entrata, come due
gendarmi all’arrivo del re.
Davanti Mirador una folla screziata di nero e
di bianco aspettava angosciata.
Dietro di lui qualcuno gli ridacchiò all’orecchio:
– Al paese del Sole
Un soffio ardente
È lui
l’astro che voleva
bruciarlo vivo dandogli in una volta il calore
destinato all’altro
– Signore!
Questo grido di disperazione era uscito dalla bocca
di un miscredente. Sull’orlo dell’abisso
credeva
L’Orco, le mani sui fianchi, aspettava il
segnale per sbranare qualcuno.
Dall’altra parte della balaustra, un orso bianco
si passava una lingua sottile quanto un petalo di
rosa sulle labbra.
C’era anche un vecchio artista roso d’orgoglio
ma che la sconfitta aveva reso così buono, così indul-
gente che lo si era scelto come domatore di ani-
mali. Sola figura umana scoprì il mio occhio
nascosto nel grande astro che serviva da decorazione.
Il buffone Matassin spostava la sua testa troppo
pesante sulle sue spalle guardando di lato, mai
in faccia, perché gli sembrava che l’astro era vivo,
per quanto brillasse.
E quando a suo modo ebbe indovinato l’enigma, egli
avanzò verso il centro della scena, guardò a lungo
la piccola testa di cera, si piegò, pose un bacio
sulle palpebre chiuse e se ne andò emettendo
un sospiro di sollievo.
Aveva malgrado tutto una bella anima.
Giunto vicino all’astro, uno sguardo lo bruciò così
tanto, che se non avesse messo la sua mano al suo orecchio,
ciò gli avrebbe portato sfortuna.
Sul letto tutto disfatto ancora dall’agonia, la
testa di Luciole riposava in mezzo a girandole
funebri.
Un velo bianco ricamato di perle nere gli
Ricadeva sulle orecchie. I capelli erano stati
tagliati perché il loro peso aveva sedotto l’Uomo Nero.
Un merletto fine quanto l’aurora avvolgeva
questo povero corpo che aveva fatto tanto soffrire
Gadifer il giullare.
C’erano anche delle donne: quella che aveva tanto
desiderato e criticato il merletto dalle perle
nere, si avvicinò, pose un bacio in punta di
labbra sulla guancia destra, accarezzò un’ultima volta
l’oggetto della sua bramosia in segno d’addio e partì
tentando di commuoversi.
Un’altra pose un bacio sulla guancia sinistra
E quando fu ben sicura che Luciole non si muovesse
più se ne andò a testa bassa per nascondere
la sua gioia.
Ma per quella che sosteneva di aver molto amato
Luciole il dolore fu d’obbligo. La abbracciò
sulle due guance, e credendosi commossa, avanzò a
testa alta verso l’astro.
Le lacrime non scendevano. Sulla decorazione una
smorfia.
L’occhio ingrandendosi
divenne nero
al suo posto
uno specchio
Si portò rapidamente la mano alla bocca
Orrore
Il fard dei primi baci era colato sulle sue labbra
Mirador diede uno sguardo rapido intorno a sé
– Era dunque vero?
Luciole qui su questo letto
Immaginazione
Immaginazione figlio mio
Guardate dunque il sole.
Si volse verso l’astro, avanzò con lo sguardo mi-
naccioso
L’occhio rimase oscuro
Sullo specchio gocce di sangue. Sul bordo
della scena come sul bordo dell’abisso invocò
il nome di colui da cui aspettava la consegna.
– Signore!
Luciole è pallida
Un frammento di ghiaccio si è sciolto sui suoi occhi e
Non può più riaprirli.
Ghiaccioli pendono dalle sue palpebre – lacrime
scivolano sulla sua guancia color luna.
Il sole era in viaggio verso il paese degli Arlecchini e
delle rondini monache. È tornato oggi
bruciato e rosso di calore – ma la mia povera Luciole
è diventata pallida.
Un frastuono terribile si produsse nel retroscena
Il sipario rosso si divise in due
Nessuno sulla scena
Nell’astro l’occhio divenne smisuratamente grande.
Apparve un atleta.
Due semisfere rotolarono sul pavimento.
L’occhio apparve nudo e chiaro ed andò a posarsi sulla
fronte di Luciole addormentata.
Con un movimento lento toccò la mano di
Colui che credendosi cieco
Vedeva più chiaro dell’occhio astrale
In un calesse trainato dall’orso bianco e
l’Orco se ne andarono in quella maledetta foresta di
Marly, dove un tempo il
RE SOLE
voleva superare il sole
Era lì
in un giorno di bel tempo che Gadifer
con gli occhi febbricitanti, seguì con lo sguardo una biscia
che passò rapida come una stella filante.
Ed era sempre lì che un giorno di primavera
un’anima in pena errava tra le felci. Ma,
stanca di cercare il riposo, andò ad addormentarsi sulla
vera del pozzo reale
Al suo risveglio
il secchio risalì pieno di un’acqua
santa che aveva battezzato la nascita di un poeta
Ora nella gloria del sole di maggio
Luciole e Mirador si insediarono sulla parte più
elevata della foresta.
Ai loro piedi l’Uomo Nero si torceva dalla
fame – il vecchio artista si tormentava il cervello per
trovare un alessandrino.
Il buffone Matassin cercava di trovare la
chiave dell’enigma. Guardando di lato,
avanzò dritto davanti a sé ed andò a porre il suo orecchio
ai piedi della montagna.
Nell’astro, l’occhio rimase nero
In fondo al pozzo
La luna piangeva
[Traduzione di Elisa Cardellini]
Céline Arnauld, Giravolta, 1919, "Dagli apprendisti", 2^ parte.
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